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23 agosto 2025, ad un mese dall’abbattimento dell’Antenna/Torre RAI

Last updated: 23/08/2025 6:13
By Redazione 139 Views 6 Min Read
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Il 23 luglio 2025, alle 17:38, un boato sordo ha attraversato Caltanissetta: l’Antenna/Torre RAI è caduta, piegandosi su se stessa come un vecchio custode stanco. L’aria sapeva di ferro e polvere e il vento, nei giorni seguenti, ha continuato a girare inquieto sopra quello spazio vuoto, come in cerca di un volto amico. Oggi, quel silenzio sospeso sembra intrecciarsi a un altro ritorno: quello di Pippo Baudo, rientra a Militello (CT) il 20 agosto per l’ultimo riposo.

Due voci – una forgiata nell’acciaio, l’altra nutrita dal respiro umano – hanno smesso di parlare al mondo, ma non di esistere. Le onde che un tempo correvano nell’etere, portando spettacoli e sorrisi, ora viaggiano soltanto nella memoria di chi le ha amate. E mentre il sole tramonta dietro le colline, la Sicilia custodisce sotto lo stesso cielo queste due assenze che, come echi lontani, continuano a farsi sentire.

Onde sospese: dall’infanzia di Francesco Guadagnuolo al saluto a Pippo Baudo

Il ricordo di quel mattino nevoso a Caltanissetta del 1963, in cui il noto artista Francesco Guadagnuolo ha eseguito, anni dopo, la sua tela, è tornato vivo come un lampo. L’artista richiama un momento quando, bambino, camminava con sua nonna Ines – figlia del grande musicista Luigi Cornia – lungo via Villalba per recarsi al mercato Strada della Foglia. Il freddo pungente, i fiocchi di neve e le impronte tremolanti diventano materia pittorica, tessuta con quella malinconia che solo il tempo sa restituire.

Il ricordo dipinto. Sul grande lino bianco, Guadagnuolo rivede la figura minuta del bambino avvolto nel cappotto, la mano della nonna che lo guida. Alle loro spalle si ergono il campanile della Chiesa di Santa Lucia e l’imponente Antenna/Torre RAI, avvolti in un grigio madreperla e sospesi in un’atmosfera gelata. All’inizio della via due bancarelle: una di frutta e una di fiori. Ogni pennellata trattiene il vapore del respiro e il bagliore ambrato di un lampione antico. Il contrasto tra il calore del cuore e il gelo del paesaggio rende la scena di struggente bellezza.

Il dialogo impossibile. Davanti alle fondamenta spoglie dell’Antenna/Torre RAI, l’artista immagina un confronto: «Per settant’anni ho irradiato voci, immagini e sogni», sussurra la Torre RAI. «Nei miei oli ti ho visto vivificare il paesaggio urbano», risponde Guadagnuolo. Tra quelle onde invisibili, un tempo viaggiavano anche le serate di Pippo Baudo, che dalla sua Sicilia partiva per conquistare l’Italia e che ora, ritorna a Militello (CT) per il suo ultimo saluto. Baudo, che Guadagnuolo ebbe modo di conoscere di persona a Roma venticinque anni fa, appare come un’eco fra acciaio e ricordi: la sua voce e i suoi spettacoli, un tempo, vibravano nell’aria di Caltanissetta grazie proprio a quell’Antenna.

La voce dell’Artista. Guadagnuolo ricorda di aver posato l’ultimo tocco quando l’Antenna/ Torre RAI svettava ancora, prima che la sua ombra scomparisse dal paesaggio: «Ho desiderato restituire un monumento che nessuna ruspa potrà cancellare dal nostro immaginario». Quel giorno freddo d’inverno lo segnò per sempre, come quando la nonna lo portava via, allontanandolo dal fascino di quel teatro naturale. Solo più tardi, dopo l’abbattimento, davanti al quadro, la mancanza dell’Antenna pesò come un respiro sospeso. E in quello spazio vuoto, anche la memoria di Pippo Baudo – artista dello spettacolo – Guadagnuolo lo ricorda non solo come volto e voce che avevano viaggiato sulle onde dell’etere, ma anche come uomo profondamente legato alla sua terra. Il 5 aprile 2007, Pippo Baudo era stato a Caltanissetta per assistere alla suggestiva processione del Giovedì Santo, una presenza inattesa, partecipando con la folla ai riti antichi.  L’episodio della processione aggiunge calore e radici culturali alla narrazione in quanto Baudo è stato legato alla città di Caltanisserra non solo tramite la televisione, ma anche da un ricordo concreto e caratteristico.

Un ponte fra passato e futuro. L’opera nasce dall’incontro tra ricordo personale e memoria collettiva: un ponte fra il bambino che guardava stupefatto e l’adulto consapevole del potere delle immagini. Guadagnuolo consegna un faro di luce tra le macerie, ricordando che anche un monumento di freddo acciaio può diventare un cuore pulsante di emozioni.

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