Caterina Malavenda, difensore dei giornalisti denunciati: “CONDIZIONATI DAL TIMORE DEI DANNI”
Una possibilità esisterebbe ma i giudici esitano a far pagare per le cause temerarie
L’attacco all’informazione si manifesta anche – come nel caso di Report e di Sigfrido Ranucci – con querele temerarie: “concetto vago”, secondo il ministro della Giustizia, Carlo Nordio.
È davvero così? Lo abbiamo chiesto all’avvocato Caterina Malavenda, specialista nella difesa di
giornalisti accusati di diffamazione, autrice del libro E io ti querelo ( Marsilio ).
“Premetto: chiunque ha diritto di fare causa civile o penale se è stato diffamato.
Aggiungo: occorrerebbe tutelare altrettanto chi la subisce se è infondata o addirittura temeraria. E questo non succede”.
Il ministro Nordio ha detto che “lite temeraria” è un concetto vago.
Temerarietà è il termine atecnico che rimanda alla colpa grave o alla malafede di chi avvia una causa senza alcun appiglio giuridico: se ne parla nei codici di procedura civile e penale, basta leggerli. E la querela temeraria, per rimanere al penale, è quella di chi per esempio contesta la verità di un
fatto, chiedendo la punizione di chi l’ha divulgato, pur sapendo che è vero e che, dunque, nessuno sarà condannato; o di chi si lamenta di un’insinuazione che solo lui ha colto.
Non c’è soltanto la lite temeraria. C’è anche la querela infondata.
Sì, anche la querela semplicemente infondata crea problemi, intanto perché devi difenderti, impegnando tempo e denaro, e anche se va a finire bene non recuperi né l’uno né l’altro. Chi ti ha trascinato in tribunale invece non corre alcun rischio, paga solo il suo avvocato.
Il giornalista alla fine è sempre sconfitto.
Il giornalista che vince la causa civile almeno recupera le spese legali, che vengono pagate da chi perde, mentre è assai difficile che ottenga anche l’indennità posta a carico di chi abusa del processo, mettendo in moto una macchina che non sarebbe mai dovuta partire o, peggio, promuovendo una lite temeraria, come stabilisce l’articolo 96 del codice di procedura civile.
È il giudice che deve ravvisare una lite temeraria?
Sì, ma chissà perché ha tante remore a ricorrere a questo strumento, anche quando sarebbe sacrosanto. Il problema a volte non è nella legge, ma in chi deve applicarla.
Anche quando gli vengono liquidate spese e indennità, il giornalista fa fatica a recuperarle, se il debitore si dimostra nullatenente.
Basterebbe prevedere una cauzione per chi avvia una causa civile, a copertura almeno delle spese legali e dei danni che dovessero essere liquidati se il giudice gli dà torto. È una delle misure ollecitate dalla direttiva europea sulle Slapp.
Le Slapp (Strategic Lawsuits Against Public Part icipation) sono le cause usate per intimidire giornalisti, attivisti e Ong. La direttiva europea, se accolta, risolverebbe il problema?
Se ne parla come se fosse la panacea di tutti i mali, senza ricordare che non tocca le cause penali e riguarda solo le azioni civili “con implicazioni trans frontaliere”, cioè che vengono intentate in un Paese europeo diverso da quello in cui risiede chi è citato in giudizio.
Nel processo penale non c’è alcuna tutela contro le querele temerarie?
Una norma analoga all’articolo 96 che vale per il processo civile c’è anche nel processo penale, è
l’articolo 427, che consente al giudice di condannare il querelante che abbia agito con colpa grave, a risarcire l’imputato, ma solo se viene assolto perché il fatto non sussiste o non lo ha commesso. Peccato che il giornalista venga di solito assolto perché il fatto non costituisce reato …
Rimedi?
Basterebbe poco per equilibrare le cose, intanto stabilendo che solo chi attribuisce volutamente
un fatto falso può essere querelato per diffamazione, eliminando ipotesi alternative che lasciano troppo spazio alla discrezionalità del giudice. Oggi, può stabilire la rilevanza penale di un epiteto,
un’opinione dura, un accostamento sgradevole, semplicemente affermando che, a suo parere – il solo che conti – superano il limite della continenza verbale e, dunque, devono essere sanzionati. Si potrebbe poi stabilire che tutti gli imputati assolti debbano essere risarciti, se si accerta la colpa
grave di chi li ha querelati. Sono proposte già fatte e mai recepite. Sono anni che dico e che sento sempre le stesse cose su quel che si potrebbe fare, per migliorare la vita dei giornalisti, per evitare che diventino bersagli di rappresaglie giudiziarie, ma gli interventi sono di natura squisitamente
politica e non mi paiono proprio all’ordine del giorno.
Da ilFattoQuotidiano di Gianni Barbacetto
——————
Per rimanere aggiornato sulle ultime notizie locali segui gratis il canale WhatsApp di Caltanissetta401.it https://whatsapp.com/channel/0029VbAkvGI77qVRlECsmk0o
Si precisa: la pubblicazione di un articolo e/o di un’intervista scritta o video in tutte le sezioni del giornale non significa necessariamente la condivisione parziale o integrale dei contenuti in esso espressi. Gli elaborati possono rappresentare pareri, interpretazioni e ricostruzioni storiche anche soggettive. Pertanto, le responsabilità delle dichiarazioni sono dell’autore e/o dell’intervistato che ci ha fornito il contenuto. L’intento della testata è quello di fare informazione a 360 gradi e di divulgare notizie di interesse pubblico. Naturalmente, sull’argomento trattato, caltanissetta401.it è a disposizione degli interessati e a pubblicare loro i comunicati o/e le repliche che ci invieranno. Infine, invitiamo i lettori ad approfondire sempre gli argomenti trattati, a consultare più fonti e lasciamo a ciascuno di loro la libertà d’interpretazione.
