Riceviamo e pubblichiamo
“Non è più recente la notizia dello stanziamento di 100 milioni di euro per rimettere in funzione i dissalatori di Gela, Trapani e Porto Empedocle. È una delle risposte alla crisi idrica che da mesi sta colpendo la Sicilia, con quasi 2 milioni di persone coinvolte e intere città, come Caltanissetta, costrette a vivere da ottobre con pesantissimi razionamenti quotidiani. Una situazione che considero inaccettabile. E che non deve più accadere.
Ma dobbiamo dircelo chiaramente: se siamo arrivati al punto di trasformare l’acqua del mare in acqua potabile per sopravvivere, vuol dire che qualcosa, nella gestione delle nostre risorse, è andato profondamente storto.
I dissalatori sono strumenti importanti, certo, ma non sono una soluzione strutturale. Funzionano grazie a tecnologie come l’osmosi inversa, che separa il sale dall’acqua marina, ma lo fanno con un altissimo costo energetico, spesso basato su fonti fossili, e generano scarti altamente salini e inquinanti che rischiano di danneggiare il nostro preziosissimo mare. Non è un caso se quegli stessi impianti, oggi da riattivare, erano stati chiusi proprio per gli alti costi e per l’impatto ambientale.
Quello che serve davvero, e che io chiedo con forza, è un investimento serio, duraturo e strutturale sulle nostre infrastrutture idriche. È lì che dobbiamo intervenire.
Come tutti ormai sappiamo, in Sicilia oltre il 51% dell’acqua potabile si perde lungo le tubature, prima ancora di arrivare nelle case. È uno spreco colossale, una follia. Possiamo davvero permetterci di spendere milioni per desalinizzare l’acqua marina, e poi lasciare disperdere quella che abbiamo sotto terra?
La pioggia caduta nelle ultime poche settimane è bastata a ripristinare le risorse idriche di gran parte degli invasi siciliani e questo dimostra che non possiamo non raccogliere quanta più acqua possibile.
Dobbiamo rifare le reti idriche, modernizzare le condotte, sistemare e manutenere gli invasi, ridurre gli sprechi in agricoltura, incentivare il riuso delle acque reflue trattate, proteggere le falde e investire nell’educazione al consumo consapevole. È questo ciò di cui abbiamo più bisogno.
I dissalatori, come avviene in Israele o negli Emirati Arabi, possono essere utili in casi estremi, quando tutto il resto non basta. Ma non devono diventare la scusa per rimandare gli interventi più urgenti e strutturali. Non possiamo costruire il nostro futuro su soluzioni temporanee e così impattanti.
L’acqua è un diritto, non un’emergenza: basta toppe, servono infrastrutture vere. I dissalatori siano solo l’extrema ratio, un aiuto, non la soluzione.
Armando Turturici, Consigliere Comunale di “Futura – Costruiamo insieme la Città”
