Qualsiasi scelta si faccia, sia nella vita privata che in politica sono un bivio costante che la vita ci pone di fronte, in ogni suo aspetto, in ogni suo respiro e ci mette davanti alla scelta se andare da un lato piuttosto che dall’altra.
Scelte che sembrano facili da prendere, sono lievi come piume o che risuonano come un tuono, scuotendo le fondamenta del nostro essere.
Qualsiasi cosa si faccia sembra un seme gettato in un terreno, dove si corre il rischio di vedere germogliare solo il seme della solitudine che può diventare una prigione, anche se dorata.
Davanti ad un bivio si sceglie comunque una via, convinti sia quella esatta, quella giusta, mossi da convincimenti o ideali che fanno brillare, una volta presa, gli occhi come stelle nella notte.
Ma la vita è imprevedibile e il cammino impervio, pieno di compromessi che arrotondano gli angoli, di silenzi e rinunce che lasciano delle volte un sapore amaro in bocca.
E così, passo dopo passo, si corre il rischio di ritrovarsi soli, avvolti nel silenzio di chi non comprende il perchè di certe scelte.
L’essere stato un punto di riferimento per tanti, svanisce come nebbia al sole, i pregi, le doti e le qualità che venivano prima riconosciute e apprezzate, si disperdono, si dimenticano, lasciando dietro solo l’eco di un tempo che fu, in cui la fiducia era un legame forte e solido, non una fragile illusione.
Il peso delle scelte si fa sentire, graffia l’anima e brucia lo stomaco.
Si è imboccata la via che prometteva serenità, pace, tranquillità, successo, realizzazione…futuro.
Percorrendo quella via si sono tagliati rami secchi, il tutto in nome di una certezza, quella di credere che si sarebbe riusciti ad andare avanti, qualsiasi cosa succedesse, pensando anche di essere più forti di quello che realmente si è.
Ma il tempo, giudice severo non perdona, svela spesso l’illusorietà di certe convinzioni.
Ci si guarda indietro e ci si scorge del solco che le nostre decisioni hanno tracciato, con dentro spesso solo i propri fallimenti.
Le mani che un tempo stringevano le nostre si sono allentate, come anche le pacche sulle spalle e i complimenti, gli sguardi che ci illuminavano di gioia si sono spenti, sostituiti dall’indifferenza.
Il prezzo da pagare per quelle scelte, comunque necessarie, si manifesta in tutta la sua forma più dolorosa.
Pochi sono quelli che veramente rimangono accanto, i più cari, quelli che non chiedevano nulla, quelli che non guardano chi si era o cosa si è oggi, insomma quelli che ci vogliono veramente bene, che si continua ad aiutare, a stargli accanto e sostenere, perchè è il cuore a farlo che, anche se affranto, continua imperterrito a battere e a dare amore.
Ed è a questi pochi che ci si affida, sperando di non perdere pure loro, gli unici a cui si tiene veramente, senza i quali sarebbe la fine, sarebbe la non vita.
In politica, questo situazione esistenziale si amplifica, si veste di numeri, di consensi, di potere.
Il politico, figura spesso visto come persona di potere, si trova a navigare in un mare di scelte, ognuna con il potenziale di cambiare la vita di persone e cose. Ogni decisione presa, ogni accordo siglato, ogni discorso pronunciato, è un atto che lo definisce, che scolpisce la sua immagine pubblica e, inevitabilmente, lo etichetta e qualifica.
La pressione però è immensa: ascoltare chi sta sopra di lui, il bilanciare gli interessi di diverse fazioni, ascoltare le voci del popolo, spesso dissonanti, e al contempo rimanere fedele ai propri principi.
La solitudine del comando si manifesta in tutta la sua potenza quando il politico si trova a dover prendere decisioni, specialmente quelle impopolari, quelle che sanno di amaro sacrificio, ma che si ritiene necessarie per il bene comune.
In quei momenti, il peso del mondo sembra gravare sulle sue spalle, e il silenzio che lo circonda spesso è assordante.
Le scelte politiche sono spesso un gioco di equilibri precari: favorire un settore o qualcuno può significare scontentare altri, sostenere una cosa può portare il dispiacere una parte dell’elettorato. Ogni passo avanti è accompagnato dal rischio di una caduta, ogni consenso guadagnato porta con sé la possibilità di una perdita.
Il politico si trova così a danzare sul filo sottile della sua piena responsabilità, consapevole che ogni sua mossa sarà scrutata, analizzata, giudicata. La paura di sbagliare, di deludere, di tradire la fiducia riposta in lui, in modo particolare quando certe scelte sono dettate da altri e magari non del tutto condivise, prova un senso di isolamento che lo separa dal resto del mondo e che si insinua nei sue pensieri.
E quando le scelte si rivelano errate, quando il consenso si sgretola e la solitudine diventa una compagna inseparabile, il politico si trova a fare i conti con il prezzo della sua ambizione.
La perdita di credibilità, il disprezzo dei suoi concittadini, e il rimpianto per le decisioni prese, lo avvolgono in un manto di malinconia, ricordandogli che il potere, come ogni cosa nella vita, ha un costo, un prezzo da pagare.
Ma sia in politica che nella vita privata , la solitudine è un rischio sempre dietro l’angolo, un compagno silenzioso che si può insinuare in qualsiasi momento nelle pieghe delle giornate, soprattutto quando meno ci se lo aspetti, ricordando a tutti il peso delle responsabilità e spesso l’irreversibilità di scelte o decisioni.
È la consapevolezza amara che ogni scelta comporta.
E in quel silenzio, a volte assordante, si annida la malinconia, un velo sottile che offusca le rare gioie, che rende ogni cosa meno brillante, ogni vittoria o successo meno dolce, lasciando spazio all’indifferenza, alla noia e all’apatia.
Resta solo la consapevolezza di essere soli con il proprio fardello, con le proprie scelte, artefici solitari del proprio destino.
Ma nel bene o nel male, sono scelte prese convintamente e che si rifarebbero se si potesse riavvolgere in nastro della vita.
“c’est la vie”…Ad Maiora
