Un sabato campale per Matteo Salvini, leader della Lega e attuale vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, il quale rischia una condanna fino a 15 anni di reclusione nel processo sulla vicenda della nave Open Arms.
Sabato 14 settembre, nell’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo, i pubblici ministeri Marzia Sabella, Calogero Ferrara e Giorgia Righi, presenteranno la loro requisitoria finale, al termine della quale avanzeranno la richiesta di pena per Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio.
«C’è un principio chiave non discutibile: tra i diritti umani e la protezione della sovranità dello Stato sono i diritti umani che nel nostro ordinamento, per fortuna democratico, devono prevalere». Così il sostituto procuratore Geri Ferrara durante la requisitoria, a Palermo, al processo Open Arms, dove Matteo Salvini, vicepremier del Governo Meloni e leader della Lega, è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per avere impedito, nel ruolo di ministro dell’Interno, cinque anni fa, lo sbarco a Lampedusa di 147 migranti.
“Tutti i funzionari, tutti i ministri, tutti i testimoni che abbiamo sentito in questo processo hanno detto di non sapere se a bordo della Open Arms ci fossero stati terroristi, armi, materiale propagandistico. Anche i riferimenti ai tentativi di ridistribuzione dei migranti prima del rilascio del pos non può funzionare: non ci può essere subordinazione del rispetto diritti umani e alla ridistribuzione dei migranti. Prima si fanno scendere i migranti e poi si ridistribuiscono: altrimenti si rischia di fare politica su gente che sta soffrendo”, continua il pm. «Questo è un processo politico? È pacifico che qui di atto politico non c’è nulla. Sono stati compiuti atti amministrativi, il rilascio di un pos è un atto amministrativo, gli atti politici sono caratterizzati da requisiti ben precisi». «Quando Salvini diventa ministro dell’Interno le decisioni sulla gestione degli sbarchi e del rilascio dei pos vengono spostate dal Dipartimento libertà civili e immigrazione all’ufficio di gabinetto del ministro e in particolare è il ministro a decidere. Questo è l’elemento chiave».
Tutto inizia il primo agosto 2019, quando l’ong spagnola Open Arms effettua due soccorsi in mare, salvando 124 persone. Il giorno dopo la nave umanitaria chiede un porto di sbarco all’Italia, ma il ministero dell’Interno, guidato allora da Salvini, emana il divieto di ingresso in acque italiane.
Nonostante i trasferimenti per motivi medici, a bordo restano bloccate 147 persone, tra cui 32 minori.
Il braccio di ferro va avanti per 19 giorni: Open Arms presenta esposti e ricorsi, il Tar sospende il divieto, ma Salvini non indica comunque un porto di sbarco.
La tensione sale, alcuni migranti si gettano in mare per la disperazione. Solo il 20 agosto, dopo l’intervento della procura di Agrigento, la nave attracca a Lampedusa. Secondo l’accusa, l’ex titolare del Viminale avrebbe agito in autonomia, in contrasto con l’allora premier, Giuseppe Conte, e violando le convenzioni internazionali sul soccorso in mare.
La Lega si prepara a scendere in piazza a sostegno del suo leader. “Rischio fino a 15 anni di carcere per aver difeso l’Italia e i suoi confini – si difende Salvini –. Ho fatto quello che ho fatto e lo rifarò con orgoglio”.
Come riporta l’agenzia Adnkronos, durante l’assemblea al Senato di martedì sera il leader del Carroccio ha chiesto ai suoi di “alzare l’attenzione“. Via Bellerio annuncia almeno due weekend di gazebo in tutta Italia, il 21-22 e il 28-29 settembre. E anche il tradizionale raduno di Pontida del 6 ottobre si preannuncia un momento clou di questa mobilitazione.
Il Codice penale prevede pene severissime per il sequestro di persona aggravato, fino a 15 anni, specie se commesso da un pubblico ufficiale.
Nella sua requisitoria, secondo indiscrezioni riportate da Adnkronos, l’accusa insisterà sul fatto che “fosse plausibile che la ong sapesse in anticipo le coordinate della barca da soccorrere”, circostanza che per la difesa di Salvini, rappresentata dall’avvocata e senatrice Giulia Bongiorno, dimostrerebbe che “la ong sarebbe stata avvertita dagli scafisti”.
Inoltre sostiene la difesa: “I primi paesi contattati e informati da Open Arms dopo le operazioni di salvataggio erano stati la Spagna (paese di bandiera della nave) e Malta (zona più vicina al punto dei salvataggi). L’Italia non aveva alcuna competenza e alcun obbligo con riferimento a tutti i salvataggi effettuati dalla nave spagnola Open Arms in quanto avvenuti del tutto al di fuori di aree di sua pertinenza”