Gli agricoltori non hanno più fiducia nella gestione pubblica dell’acqua. Venti milioni ai privati per cercare fonti alternative
I siciliani non si fidano più della gestione dell’acqua pubblica nell’Isola.
La siccità che ha piegato le campagne per tutta l’estate, gli invasi a secco, le reti colabrodo per le quali persino il governatore Renato Schifani parla di “perdite inaccettabili “.
Il sistema degli invasi su cui i governi hanno investito dal secondo dopoguerra in poi, è crollato.
E se da una parte si riuniscono vertici e cabine di regia per programmare la pulizia delle traverse laterali degli invasi per portare maggiori flussi d’acqua ai bacini e contestualmente si guarda al cielo confidando che piova, la Regione mette a bando cento milioni di euro di fondi europei
(dal piano di sviluppo rurale) per la ricerca di nuove fonti da parte dei privati.
Le richieste di finanziamento potranno essere presentate fino al 31 gennaio 2025. E se il bando per i pozzi ha registrato una grande partecipazione, la Regione ha previsto di stanziare altri 20 milioni per la stessa misura.
Perché l’analisi di agricoltori, tecnici, addetti ai lavori, è un coro unanime: in Sicilia è corsa al pozzo privato, alla fonte di approvvigionamento alternativa, al furgoncino personale adibito al
trasporto d’acqua per uso privato, al mini dissalatore per la propria azienda.
Gli esercizi commerciali dell’entroterra sono provati da mesi di restrizioni dovendo continuare a tenere aperte le proprie attività. Bar, panifici, macellerie, barbieri, parrucchieri: in una terra in cui non si sa quando arriverà di nuovo l’acqua, ciascuno ha attivato in autonomia la propria exit strategy fatta di nuovi recipienti o mezzi per rifornirsi dai silos d’acqua comunale.
“Qui l’acqua arriva il lunedì — racconta Salvatore, titolare del Roxy bar di Troina — ma basta per un paio di giorni con la nostra riserva. Il mercoledì e il venerdì vado a caricare l’acqua nelle cisterne comunali per tenere l’attività aperta”.
Non è un caso che anche il bando da 17 milioni e mezzo che la Regione ha messo a disposizione degli imprenditori agricoli per la ricerca di piccoli pozzi a uso privato abbia sbancato: le richieste sono state oltre tremila, da altrettanti agricoltori esasperati dai magri raccolti della scorsa stagione.
Il trend era già stato evidente con un’altra misura, promossa questa volta dal governo guidato da
Nello Musumeci.
In quel caso si era trattato di un bando da 35 milioni di euro per la realizzazione di mini laghetti artificiali per uso privato. O per il ripristino di quelli già esistenti.
Sono stati realizzati in tutta l’Isola 314 piccoli invasi, tra i quali quello di Luciano Vallone, di Coldiretti, che racconta che in quarant’anni di esistenza del laghetto nella sua azienda agricola sui monti Sicani, tra Prizzi e Corleone, “non avevamo mai visto il fondo, neanche nelle estati più calde, un po’ d’acqua c’è sempre stata”.
Non quest’anno. “Ma abbiamo approfittato — prosegue Vallone — per pulire il fondo
dai detriti che ne limitavano la capacità e allargarlo”.
In piccolo, insomma, quello che la Regione avrebbe potuto programmare dato l’allarme siccità e
invece non ha fatto: in questo momento i letti della maggioranza degli invasi a secco sono esposti e potrebbero essere ripuliti.
Ma gli interventi non sono stati programmati e così con l’arrivo delle piogge i bacini torneranno a riempirsi mantenendo i livelli di detriti nei fondali.
I privati, al contrario, sono corsi ai ripari, come nel caso di Vallone.
In questo modo l’azienda ha raggiunto l’indipendenza idrica? “Affatto, il lago è pulito ma vuoto.
Guardiamo il cielo. E speriamo che piova”.