Sconcerto. È l’espressione che viene riferita, in via della Scrofa, per descrivere la presenza, con tanto di foto a corredo, del presidente dell’Ars Gaetano Galvagno alla festa organizzata da Totò Cuffaro
lo scorso 19 luglio.
Sconcerto, fanno sapere i big di Fratelli d’Italia, per quell’immagine diffusa sui social mentre si svolgeva la commemorazione della strage di via d’Amelio.
È andata così, secondo quello che si apprende da fonti di partito: a Galvagno, indagato per corruzione, è stato chesto di non partecipare alla fiaccolata.
E lui di fronte a quel “consiglio”, aveva risposto così: «Non c’è problema, il 19 luglio non ci sarò. Ho un invito a un matrimonio». Senza specificare di chi.
Al di là del merito, l’immagine è stata devastante: la più alta autorità istituzionale di FdI in Sicilia non partecipa al ricordo di Borsellino ucciso da Cosa nostra (una delle figure principali del pantheon meloniano) ma si fa vedere, con un cappellino da baseball sul capo, ai festeggiamenti in onore di Raffaele Cuffaro organizzati dal papà Totò Cuffaro, ex governatore condannato per favoreggiamento
alla mafia.
La partecipazione di Galvagno è stata considerata inopportuna e sospetta.
Un fastidio dovuto anche alla tempistica, considerata non certamente felice: a giorni si attendono infatti notizie relative alla conclusione delle indagini che coinvolgono il numero uno Palazzo dei Normanni, accusato di corruzione e peculato.
Inoltre, in queste ore, il dossier Galvagno, insieme a quello che riguarda l’assessora regionale al Turismo Elvira Amata, anche lei in attesa di sapere se andrà o meno a processo per corruzione, è sul tavolo dei probiviri di Fratelli d’Italia che stanno valutando, a prescindere dal risvolto giudiziario,
i comportamenti dei due importanti esponenti meloniani in Sicilia che riferiranno ai “giudici” di
Fdi entro fine mese.
Ma nei palazzi della politica, la presenza di Galvagno alla festa di Cuffaro non è passata inosservata
anche per un altro motivo.
Si è fatta strada, infatti, la voce che quella partecipazione possa essere una sorta di primo segnale di avvicinamento tra il presidente dell’Ars e la Dc, un accostamento che diventerebbe un’adesione, nel caso in cui Fratelli d’Italia optasse per la linea dura, con l’espulsione dal partito.
Una tesi al momento, però, solo suggestiva, per quanto diffusa in ambienti politici del centrodestra.
Dalle parti di via della Scrofa, infatti, al momento e in attesa dei dettagli e dei risvolti delle inchieste, l’intenzione sembra comunque quella di non abbandonare Galvagno e Amata, di tenerli cioè all’interno del partito, magari in una posizione più defilata, in attesa che possano chiarire la loro situazione giudiziaria.
E l’avvicinamento di Galvagno alla Dc, tra l’altro, è esclusa categoricamente tra i più vicini al presidente dell’Ars che la giudicano un’ipotesi fantasiosa.
Resta quella suggestione, però, rafforzata da un precedente. Un caso “minore”, ovviamente, considerati i ruoli istituzionali ricoperti al momento dai due indagati di Fdi, ma che potrebbe risultare comunque indicativo: il passaggio da Fdi alla Dc di Carlo Auteri, proprio a seguito di
uno scandalo relativo ai contributi a pioggia concessi dall’Ars, in quel caso a società riconducibili direttamente o indirettamente al deputato regionale.
Un caso che aveva già generato enormi fibrillazioni all’interno di Fdi, anche a causa dello stretto
legame politico tra Auteri e un altro big meloniano, Manlio Messina, anche lui assente, il 19 luglio scorso, alle commemorazioni della strage di via D’Amelio.
Messina decise anche di dimettersi dalla carica di vice capogruppo alla Camera, attendendosi
passi indietro di altri colleghi di partito, mai arrivati. Ma Messina è anche l’esponente politico finito al centro del caso “Cannes”, in qualità di assessore al Turismo. Proprio il caso da cui è scaturita l’inchiesta sui contributi dell’Ars e del governo regionale.
Da laRepubblicaPalermo di Accursio Sabella
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