La nostra bella Sicilia, è piena di proverbi e modi di dire, pillole di verità che, pur antiche, risuonano con sorprendente attualità
Oggi parliamo del detto “mangia pani a tradimintu”, un’espressione che ricorda l’immagine di chi vive grazie al sudore altrui, vivendo alle spalle degli altri senza alcun merito e senza dare un fattivo contributo.
E purtroppo, questa amara realtà non è confinata solo alle dinamiche tra persone “normali”, ma trova presenze, in modo preoccupante, anche nella scena politica, a tutti i livelli.
Il detto “mangia pani a tradimintu” si adatta perfettamente a una buona parte della nostra classe politica, compresa ovviamente la locale, ma non in tutti fortunatamente.
Parliamo di quegli individui che, come ben sappiamo, occupano posizioni o poltrone lautamente retribuite con il denaro dei cittadini, ma il cui operato, o meglio, la cui mancanza di operato concreto, non è un segreto, è del tutto o quasi inesistente e che comunque non giustifica quanto percepito.
Ci si chiede, legittimamente, quale sia il reale contributo di questi “servitori pubblici”.
Le problematiche che affliggono le nostre città sono sotto gli occhi di tutti: infrastrutture fatiscenti, servizi essenziali carenti, opportunità lavorative scarse, e un senso generale di degrado e abbandono.
Eppure, sembra che queste urgenze non scuotano minimamente le coscienze di chi dovrebbe, per mandato e per dovere, farsene carico.
Il dramma del “mangia pani a tradimintu” politico sta proprio qui, nell’assenza di risultati tangibili.
I cittadini pagano, e anche caro, per un servizio che spesso non ricevono, pagano insomma per non risolvere nulla, se non per mantenere o aumentare i disagi.
Le attese di un miglioramento, di una migliore, auspicata e promessa, visione del futuro, si scontrano con un muro di inefficienza e incapacità e, spesso, cosa molto più grave, di totale indifferenza.
Si diffonde così un senso di apatia, disillusione e sfiducia verso le istituzioni, un sentimento pericoloso che mina le fondamenta stesse della democrazia e fa passare qualsiasi voglia di partecipazione, tanto non solo non ascoltano, ma al contrario ignorano.
La politica, a ogni livello, dovrebbe essere invece a servizio e a disposizione della collettività, un motore di sviluppo, crescita, miglioramento e di progresso.
Quando invece si riduce a un mero esercizio di occupazione di potere, slegato e disattento dalle esigenze reali della gente, diventa un peso e un fastidio insopportabile.
Un peso che ovviamente loro non sentono, anzi del loro impegno o lavoro ne vanno fieri, pensando però ad altro e, per evitare che ci si lamenti troppo, via al divertimento, equivalente al dare la caramellina al bambino che piange per fame, pretendendo giustamente qualcosa di più sostanzioso.
Il pane che viene “mangiato a tradimento” non è solo quello metaforico della retribuzione ingiustificata, ma si “mangiano” anche il “pane” della speranza, delle aspettative e delle opportunità negate ai cittadini.
È giunto il momento di pretendere una maggiore trasparenza e assunzione di responsabilità da parte della nostra classe politica, di lavorare seriamente per la collettività, di rispondere alle tante domande che vengono “urlate” da troppo tempo e che continuano a non ricevere risposte con fatti tangibili.
Non possiamo più permetterci che il detto “mangia pani a tradimintu” continui a essere una triste realtà nel panorama delle nostre amministrazioni, rimando nello stesso tempo passivi.
I cittadini hanno il diritto di sapere cosa realmente e concretamente fanno i loro rappresentanti, quali progetti stanno portando avanti, a quali risultati puntano, entro quanto tempo e soprattutto che risultati hanno ottenuto con il loro lavoro, non grazie a quello ereditato.
La partecipazione attiva, la richiesta di rendicontazione e la vigilanza sull’operato di chi ci governa sono gli unici strumenti che i cittadini hanno per contrastare questa comoda e prezzolata inerzia.
Solo così potremo sperare di vedere le amministrazioni tutte guidate da chi si preoccupa veramente del bene comune, e non da chi si limita a “mangiare pane a tradimento”.
Il cambiamento è possibile, anche se purtroppo bisognerà aspettare il prossimo “giro” quando con la matita potremo apporre la “X”, si spera liberamente, scegliendo persone senza credere alle promesse e senza soprattutto pensare al nostro tornaconto, anche perché è troppo poco in confronto al danno che si fa alle future generazioni, di cui fanno parte anche i nostri figli. Ad Maiora

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