Nel cuore della Sicilia, dove il sole bacia la terra, esiste un detto popolare che racchiude una saggezza disarmante: “u pisciaru vannia chiddru ca avi”, il pescivendolo grida quello che ha.
Una massima apparentemente semplice, eppure così potente da mettere in ridicolo l’intero circo della politica moderna.
Il pescivendolo con la voce rauca dal troppo “vannio”, esibisce con orgoglio il suo pescato fresco. Un tonno appena pescato, un polpo che ancora si muove, gamberi che brillano come gioielli.
Non menziona aragoste o altro, lui annuncia con onestà ciò che è realmente presente sul suo banco. E il cliente, fidandosi di quella verità tangibile, acquista con la certezza di portare a casa un prodotto fresco, genuino e sicuramente gustoso.
Non usa depliant o spot pubblicitari ingannevoli, comunica solo la cruda realtà.
Ma adesso, facciamo un salto dal mercato o dalla strada ai palazzi della politica.
Qui, il “vannio” assume tutta un’altra connotazione.
Il politico, con giacca e cravatta, vestito in maniera impeccabile e con una dialettica raffinata, non “vannia chiddru ca avi”, anzi, “vannia” con con lo stesso o addirittura maggior fervore ciò che non ha ciò che potrebbe avere o, più spesso, ciò che promette di avere in un futuro indefinito.
Vengono promesse tante cose, specialmente in campagna elettorale, che appaiono e scompaiono come gli UFO, riforme che risolveranno ogni male del territorio dove opera, ma che rimangono eternamente nel cassetto delle buone intenzioni.
Il “pesce” del politico è spesso un’illusione che, al momento della “pesata”, si rivela un sacchetto vuoto.
Mentre il pescivendolo ti mostra il pesce fresco prima di fartelo pagare, il politico ti chiede il voto promettendoti il pesce, e poi, una volta incassato, ti lascia con l’amaro in bocca e la consapevolezza di aver acquistato aria fritta.
Il pescivendolo, se il suo prodotto non è all’altezza, rischia la fama, la clientela.
Il politico spesso si limita a un “abbiamo fatto del nostro meglio” e si prepara alla prossima campagna elettorale con un nuovo set di promesse luccicanti.
La bellezza del detto siciliano sta proprio in questa contrapposizione.
Ci ricorda che l’onestà, anche nella più umile delle professioni, è un valore inestimabile.
Il pescivendolo, con la sua schiettezza, ci insegna che la trasparenza e la concretezza sono la base di ogni relazione di fiducia.
E ci fa riflettere, con un sorriso amaro, su quanto sia distante questa realtà dalla retorica politica, trai fumo negli occhi e castelli in aria.
Forse, prima di ogni campagna elettorale, i nostri politici dovrebbero fare un tirocinio al mercato del pesce.
Imparare l’arte del “vannio” onesto, quello del pescivendolo che annuncia solo ciò che si ha.
Chissà, magari un politico con un po’ di odore di pesce fresco addosso, quello del loro “promesso” renderebbe il “pesce”, la promessa, più commestibile.
Nel frattempo, noi, da bravi nisseni, continueremo a fidarci di chi “nannia chiddru ca avi”, perché, in fondo, la pancia piena è sempre meglio delle promesse vuote. Ad Maiora
