Quell’antimafia che ha bisogno della mafia per sopravvivere
Il vero scandalo non è soltanto la mafia.
Il vero scandalo è la sua ombra speculare: quella mafia dell’antimafia che si proclama baluardo di giustizia, ma che vive e prospera grazie alla sopravvivenza stessa del fenomeno criminale che dice di combattere.
Non è finita con Montante. Non si è dissolta con i processi né si è estinta nelle aule dei tribunali. È ancora qui: viva, vegeta, radicata nei gangli delle istituzioni e nei salotti “buoni” dell’economia e della politica. Un apparato che ha fatto dell’antimafia non una missione, ma un mestiere. Non un dovere civile, ma una rendita di potere.
È un’intera architettura istituzionale che prospera sulla sopravvivenza del crimine.
Questo è il cuore dell’impostura di Stato.
Un sistema che non ha alcun interesse a vedere la mafia sconfitta, perché senza mafia finirebbero i loro convegni, le loro passerelle, i loro proclami solenni. Finirebbero gli applausi ipocriti, i finanziamenti pubblici, le carriere costruite sulla pelle delle vittime.
È il più pericoloso dei paradossi: un’antimafia che si nutre della mafia, che non vuole vincere la guerra ma solo prolungarla all’infinito, trasformando la tragedia in palcoscenico.
Certa antimafia si è trasformata in una macchinazione di potere. Un vero e proprio potere parallelo.
E intorno, domina il silenzio.
Un silenzio che non è prudenza, ma complicità. Un mutismo che non è cautela, ma connivenza. Politici che si trincerano dietro tatticismi, imprenditori che predicano legalità e praticano ambiguità, professionisti che si pavoneggiano come eroi civili ma agiscono da calcolatori cinici.
«Qui tacet, consentire videtur».
Chi tace acconsente. E il silenzio istituzionale è un atto di tradimento.
Così la “lotta alla mafia” diventa un’etichetta vuota, uno slogan elettorale, una merce di scambio buona per ottenere titoli di giornale ma inutile per restituire dignità a una terra che continua a essere sfruttata e tradita.
La verità è brutale: questa non è antimafia. È impostura. È il volto rispettabile dell’ipocrisia istituzionale. È lo Stato che si piega a un gioco infame, in cui la mafia non deve morire perché la sua esistenza è funzionale a chi finge di combatterla.
E allora la domanda diventa implacabile:
fino a quando?
Fino a quando dovremo tollerare che l’antimafia diventi parodia di se stessa?
Fino a quando accetteremo che i custodi della legalità tradiscano il loro mandato, trasformando la giustizia in una maschera utile solo a conservarsi il potere?
La Storia non dimentica.
E prima ancora dei tribunali, sarà la memoria collettiva a condannare questa impostura di Stato, che non difende i cittadini ma li abbandona, che non combatte il crimine ma lo gestisce, che non cerca verità ma la seppellisce sotto la polvere delle passerelle.
Il silenzio, in democrazia, non è mai neutrale. È colpa. È complicità.
E quando questa complicità, questo ordine occulto, diventa sistema, ha un nome preciso: impostura di Stato.
——————
Per rimanere aggiornato sulle ultime notizie locali segui gratis il canale WhatsApp di Caltanissetta401.it https://whatsapp.com/channel/0029VbAkvGI77qVRlECsmk0o
Si precisa: la pubblicazione di un articolo e/o di un’intervista scritta o video in tutte le sezioni del giornale non significa necessariamente la condivisione parziale o integrale dei contenuti in esso espressi. Gli elaborati possono rappresentare pareri, interpretazioni e ricostruzioni storiche anche soggettive. Pertanto, le responsabilità delle dichiarazioni sono dell’autore e/o dell’intervistato che ci ha fornito il contenuto. L’intento della testata è quello di fare informazione a 360 gradi e di divulgare notizie di interesse pubblico. Naturalmente, sull’argomento trattato, caltanissetta401.it è a disposizione degli interessati e a pubblicare loro i comunicati o/e le repliche che ci invieranno. Infine, invitiamo i lettori ad approfondire sempre gli argomenti trattati, a consultare più fonti e lasciamo a ciascuno di loro la libertà d’interpretazione.
