L’ultimo allarme è di Matteo Bassetti, direttore delle Malattie
infettive al San Martino di Genova: “Se per caso dovesse arrivare una nuova pandemia, magari causata proprio dall’aviaria, la politica avrebbe grossi problemi a giustificarsi davanti i cittadini.
Ancora aspettiamo il nuovo Piano pandemico 2024-2028, che fine ha fatto? ”, ha detto ieri l’esperto, uno dei volti divenuti familiari negli anni bui del Covid, uomo di destra tutt’altro che ostile al governo in carica e infatti candidato a un ruolo di super manager della giunta regionale ligure di Marco Bucci.
Non la manda a dire, il professore: “Purtroppo dopo la pandemia Covid il tema delle malattie infettive è diventato come il tifo calcistico, ci si divide tra squadre e c’è poca scienza.
I politici hanno invaso il terreno, che non è di loro competenza”. Bassetti ha condiviso un intervento di Ilaria Capua, ex deputata ai tempi della Scelta Civica di Mario Monti, altra studiosa oggi alla Johns Hopkins di Bologna dopo l’esperienza in Florida, che ieri sul Corriere della Sera ha pubblicato una sorta di appello a non sottovalutare l’aviaria, il “virus acrobata H5N1” che negli Stati Uniti ha compiuto il “salto di specie dagli uccelli ai bovini, animali considerati resistenti all’infezione”.
Ma il piano pandemico italiano che fine ha fatto?
Come si ricorderà ai tempi del Covid ci furono polemiche e indagini giudiziarie sul mancato aggiornamento di quello vecchio, che addirittura risaliva al 2006.
E sulla sua mancata applicazione. Così ne fu varato un altro, quando alla Salute c’era Roberto Speranza e il direttore della Prevenzione era l’epidemiologo Giovanni Rezza. Alle destre, decise a processare il governo Conte-2 con la commissione d’inchiesta sul Covid, quel piano non andava bene.
Ne hanno commissionato un altro e lo scorso gennaio il ministero ha presentato alle Regioni una bozza, elaborata dall’attuale direttore della Prevenzione Francesco Vaia. È stata sostanzialmente approvata dalla comunità scientifica e dalle Regioni.
Poi però è stata inghiottita nei meandri del ministero della Salute e non è mai arrivato il via libera per il quadriennio 2024-2028, come i giornali hanno scritto più volte e come Bassetti ha ricordato ieri.
Il primo problema era il finanziamento, che ora c’è. Circa 300 milioni in tre anni. Il Piano pandemico non è poi solo un pezzo di carta. Dev’essere anche applicato con la definizione di chi deve fare cosa e declinato nei piani regionali e locali.
L’altro problema era modificare alcuni aspetti giuridici: le destre al governo e Fratelli d’Italia in primis, dopo aver cavalcato le polemiche contro i lockdowndel 2020 e del 2021, volevano chiarire che eventuali restrizioni potranno avvenire solo attraverso leggi approvate dal Parlamento, o al limite decreti legge.
Nulla che ricordasse i Dpcm di Giuseppe Conte, sui quali la maggioranza intende ancora polemizzare in commissione Covid.
Eppure l’ordinamento italiano prevede ordinanze restrittive di vario genere in caso di diffusione di agenti infettivi, come abbiamo visto anche per gli ultimi casi di Dengue.
Hanno poteri di ordinanza sanitaria i presidenti delle Regioni, i prefetti e perfino i sindaci.
Difficilmente la questione è tutta lì, al ministero della Salute assicurano comunque che il Piano è finanziato dal 1° gennaio 2025, è stato rivisto dall’Istituto superiore di sanità e da qui ad allora sarà definitivamente approvato e pubblicato.
Per il momento però è ancora fermo al ministero, sulla linea di comunicazione non agevolissima tra Vaia e la nuova direttrice del Dipartimento che comprende la Prevenzione, Maria Rosaria Campitiello, compagna del viceministro degli Esteri di FdI Edmondo Cirielli.
Da ilFattoQuotidiano