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La “felicità consiste nell’ignoranza del vero”. Quando il potere sceglie cosa non si deve sapere

Last updated: 06/11/2025 7:13
By Sergio Cirlinci 126 Views 5 Min Read
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La frase “la felicità consiste nell’ignoranza del vero”, scritta da Giacomo Leopardi, suggerisce come la conoscenza della realtà, con le sue difficoltà e sofferenze, possa essere fonte di infelicità, mentre l’ignoranza, o l’illusione, offrirebbe una forma di beatitudine

Ma c’è anche un un vecchio adagio molto in uso da chi detiene il potere e che viene usato quotidianamente, il “Meno si sa e meglio è”.

Non si tratta solo di un modo per creare tranquillità, ma di una strategia politica ben congegnata per controllare la cittadinanza e renderla “felice”.

Felice perché ignara, anche se l’applicazione di questo principio è tanto semplice quanto inquietante.

La popolazione viene alimentata solo con la narrazione che fa comodo a chi governa. Si esaltano i successi, spesso gonfiandoli, mentre si minimizzano o si nascondono gli insuccessi, i potenziali scandali o le decisioni impopolari, e se qualcuno osa farli notare, le reazioni sono furiose.

In sostanza, si pratica una vera e propria “chirurgia dell’informazione”, con due obiettivi distinti ma interconnessi.

Si rende “felice” la cittadinanza convincendola che la direzione intrapresa sia quella giusta, basandosi su dati e racconti parziali, con il “effetto collaterale” di una “disinformazione controllata”.

È meglio che il popolo rimanga “ignorante” su tutto ciò che, non avvantaggiando il potere, potrebbe generare critiche, lamentele o, peggio, un riconoscimento di responsabilità.

Questo non è solo un uso astuto della comunicazione, ma un vero e proprio attacco al cuore della democrazia, poiché una cittadinanza informata è il motore del controllo democratico.

Una cittadinanza informata a piacimento diventa invece un “burattino” che applaude, e il potere, agendo in questo modo, dimostra di credere di poter veicolare la benevolenza e garantirsi un vantaggio politico a lungo termine manipolando la percezione della realtà.

Eppure, questa strategia ha una falla perchè l’informazione non può essere messa a tacere mettendo “lucchetti”.

La verità è che la preoccupazione per il potere cresce in proporzione a ciò che si cerca di nascondere e ogni tentativo di “assopimento”, quel trucco per far cadere l’opinione pubblica in una dolce e dannosa ignoranza, è la prova evidente che c’è qualcosa da nascondere.

Chi agisce con trasparenza e ha fiducia nelle proprie azioni non teme il dibattito, anzi, apre le porte alla discussione.

In politica la critica andrebbe accettata, non vista come un attacco da neutralizzare a tutti i costi.

Fortunatamente, i continui sforzi per far calare il silenzio e zittire i dissenzienti, così come anche l’opposizione, falliscono miseramente e, peggio ancora, producono l’effetto opposto.

Questi tentativi non portano a nulla di buono, ma al contrario, alimentano il sospetto e stimolano maggiormente la ricerca della verità.

Ci saranno sempre coloro che, senza alcun timore reverenziale e armati solo della propria onestà intellettuale, che rifiutano di accettare che la polvere menga messa “sotto il tappeto”.

Questi “addetti alle pulizieri” sono una spina nel fianco per chi cerca di nascondere la verità, perché, contrariamente a quanto pensano e dicono, i “pulizieri” non agiscono per vendetta o per interessi politici personali, ma per la semplice e necessaria convinzione che la politica deve essere trasparente e che la luce della verità non può essere filtrata a piacimento.

Alla fine, il principio “meno si sa e meglio è” si rivela un boomerang per chi lo applica.

Non si può governare una società moderna trattandola come un gregge di felici ignoranti.

L’unica strada per un rapporto sano tra potere e cittadini è l’onestà intellettuale, aprendo la discussione anche su temi e fatti scomodi, innanzitutto con umiltà e rispetto. Ad Maiora

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