La città di Caltanissetta, quindi i nisseni, sembrano avere un rapporto altalenante con le tematiche che infiammano il dibattito pubblico
C’è la tendenza profonda e percettibile ad accendersi con passione e veemenza su un problema, ma sul momento in cui accade, proporre di scendere in piazza e promettere battaglie, salvo poi lasciar che la fiamma si spenga, la memoria si affievolisca e l’indignazione pian pianino svanisca nel tempo.
Questo si ripete speso, lasciando dietro di sé una serie di cose incompiute o non chiarite e la sensazione che le vere soluzioni siano rimandate indefinitamente.
Facciamo degli esempi
Il debito ATO: promesse di fuoco e un epilogo silenzioso
Simile è la storia del debito ATO. Chi non ricorda le infuocate discussioni, le rassicurazioni sul fatto che “i soldi c’erano” e che non ci sarebbero stati problemi? Vennero promesse battaglie, anche legali, si vociferò di rivelazioni sui retroscena e di un’opposizione ferrea. Il debito, alla fine, fu saldato con un’anticipazione di cassa di ben 10 milioni di euro, una somma sulla quale la città pagherà interessi per i prossimi 27 anni, tre sono già trascorsi.
E le battaglie di fuoco? Le persone pronte a far scoppiare il putiferio? Le rivelazioni? Tutto svanito. Il debito ATO, un tempo argomento di accese discussioni, è ora un capitolo chiuso e dimenticato.
Aumento Tari, dal passato al presente
Durante la sindacatura Gambino, un rincaro di circa il 25% scatenò una vera e propria rivolta cittadina. La mobilitazione fu tale da costringere il sindaco a organizzare un’assemblea pubblica per placare gli animi. L’opposizione di allora, al grido “mai le mani nelle tasche dei cittadini” e riuscì a non far passare neanche l’aumento anche quello di pochi euro, qualcuno disse “anche due o tre euro per una famiglia sono soldi”. Eppure, il tempo è un giudice che non perdona. Nel luglio scorso, quegli stessi che allora si erano eretti a paladini del cittadino hanno approvato un aumento della TARI del 30% o più dopo essersi aumentati emolumenti e successivamente i gettoni di presenza, solo del 68%. Le reazioni? Dopo i primi giorni di sconcerto e i disagi legati ai sequestri dei conti correnti, la questione è scivolata nell’oblio. I conti continuano comunque a essere bloccati, molti non sanno come pagare le le bollette aumentate, ma il clamore sui social si è spento. Questo episodio rivela una triste verità: l’indignazione, è come la mozzarella, ha una data di scadenza.
L’antenna: una storia decennale di disinteresse e occasioni mancate
La vicenda dell‘antenna è forse l’esempio più emblematico di questa inerzia. Il problema, per chi ha buona memoria, emerse già negli ultimi anni della sindacatura Campisi, oltre dieci anni fa. Si parlava di acquisto o cessione come soluzioni imminenti, ma non accadde nulla perché nel frattempo la legislatura arrivò a scadenza. Durante l’amministrazione Ruvolo non successo nulla di eclatante sul discorso antenna, teneva banco il Debito Ato. Si paga o non si paga, i soldi ci sono o non ci sono, visto che il precedente sindaco aveva detto di aver accantonato, nel caso servisse, la somma necessaria, quindi distratti da ciò l’antenna passo in secondo o ultimo piano, visto che nessuno reclamava nulla, manutenzioni comprese. Il problema riemerse con l’amministrazione Gambino, quando Rai Way, non intendendo provvedere più alla manutenzione, propose di cederla per un euro, offrendo anche i 450 mila euro che avrebbe speso per l’abbattimento. La SCIA era già stata posizionata e, dopo queste interlocuzioni e proteste ai piedi dell’antenna, con al presenza anche di S.E. il Vescovo, venne ritirata complice anche il vincolo apposto.
Le trattative portarono a un accordo di massima: cessione del manufatto, dell’area e delle costruzioni, a patto che il Comune mettesse a bilancio la somma necessaria per la manutenzione ordinaria e straordinaria, che non si facevano da almeno un decennio. Ma, come spesso accade, i soldi furono il nodo cruciale. L’onorevole Mancuso, nel consiglio del dicembre 2011, promise un suo intervento per far arrivare 500 mila euro, soldi che non giunsero mai. Furono proposi numerosi progetti e idee, ma concretamente mancavano i soldi…”e senza soldi messa non se ne canta” (cit.). Da allora, e fino alla revoca del vincolo che ha dato il via libera alla demolizione, l’interesse per l’antenna sembrava essere svanito. Oggi, dopo la recente conferenza stampa, dove è stato comunicato l’abbattimento e chiaramente detto che l’antenna è talmente compromessa, come confermato da una relazione del Politecnico di Torino, che nulla si può più fare e che non è più una questione di soldi, e a maggior ragione dopo la ricomparsa della SCIA che comunicava l’inizio dei lavori per il 16, ieri, tutti pronti a fare le barricate, ovviamente a parole, sui social dove si leggono post e commenti che ne invocano il salvataggio: “salviamo l’antenna”, “scendiamo in piazza”, “raccogliamo i soldi necessari”, tutte belle parole ma concretamente nessuno organizza nulla, insomma “armanuni e ghitici” di antica e recente memorie. Ci si chiede dove siano stati tutti questi “salvatori” in questi dieci e più anni, quali azioni concrete hanno intrapreso per evitare che si arrivasse a questo punto di non ritorno ? È poi chiedere una mobilitazione, in una città che la scorsa estate essendo a secco di acqua vedeva scendere in piazza al massimo 200 cittadini, sempre gli stessi, cittadini che lottavano per un bene, non identitario, ma primario come l’acqua.
Cari concittadini, moltissimi siamo dispiaciuti per la fine che farà, salvarla con progetti, finanziamenti di qualsiasi genere ci stava, non certo mettendo le mani in tasca ai nisseni, che già hanno i loro problemi di arrivare a fine mese, ma bisogna innanzitutto essere onesti con se stessi e riconoscere, prima di accusare gli altri di non capirne l’importanza e quasi godere nel vederla abbattere, che se ci si fosse impregnati un po’ tutti e meglio, non a parole ma con fatti concreti, al momento giusto, non solo oggi, e mettendoci la stessa veemenza con la quale oggi si discute e si vuol agire, sicuramente non si sarebbe arrivati a queste triste epilogo. L’impressione è che, come per gli esempi precedenti, anche per l’antenna il clamore è a orologeria e che si spegnerà nel giro di qualche mese.
Non pensate che sia è il caso di concentrarsi su ciò che può ancora essere salvato e agire concretamente prima che sia troppo tardi, evitando di limitarci alle lamentele a posteriori.
Non credete che un’azione preventiva e costante sia più efficace di un’esplosione emotiva destinata a svanire essendo preclusa qualsia possibilità di intervento?
Quindi ci si dimentichi a malincuore di un qualcosa che non si può più oggettivamente salvare e si agisca per salvare la città attivandosi su quello che ancora è salvabile, Università e Sanità, i due veri volani della città. Ad Maiora

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