Oggi Caltanissetta perde un altro pezzo della sua storia, un simbolo forse obsoleto per alcuni, ma pur sempre un punto di riferimento nel suo skyline, l’antenna.
La sua demolizione non è solo la fine fisica di una struttura in disuso, ma è una metafora cruda e dolorosa di un declino che la città sembra vivere inesorabilmente, un lento spegnersi che lascia dietro di sé un’ombra di malinconia e rassegnazione.
Non è la prima perdita e difficilmente sarà l’ultima.
Ogni demolizione, ogni attività che chiude, ogni giovane che decide di lasciare la nostra terra, aggiunge un tassello a un mosaico di opportunità mancate e promesse infrante.
Quante volte abbiamo assistito a progetti ambiziosi sfumare nel nulla?
Quante volte ci siamo illusi con annunci di rilancio che non hanno mai visto la luce?
La verità è che il cammino di Caltanissetta è stato ricco di occasioni, ma sprecate, di visioni mai concretizzate e di un immobilismo che ha soffocato ogni scintilla di progresso.
Ma non possiamo, e non dobbiamo, limitarci a puntare il dito solo verso “gli altri”, troppo comodo.
È fin troppo facile attribuire ogni colpa a un’entità astratta o a un nemico esterno.
La realtà, per quanto scomoda, è che siamo anche noi cittadini i corresponsabili di questo declino.
Siamo noi che, elezione dopo elezione, abbiamo riposto la nostra fiducia in politici che avevano già dimostrato la loro inefficacia, figure che nulla avevano fatto e nulla continuano a fare per il bene comune.
Eppure, ancora oggi, molti di noi continuano a inseguire le chimere di personaggi che promettono mari e monti, salvo poi lasciare solo il deserto delle aspettative deluse.
Ciò che ferisce di più è vedere come questa logica perversa, basata su favori, piccoli incarichi e misere elargizioni, in una parola, la politica clientelare, continui a tenere in vita un sistema che annienta ogni prospettiva di sviluppo reale.
Dovremmo essere noi, il popolo, a dire “basta, adesso vai a casa” a chi ha dimostrato di non essere all’altezza.
Invece, troppo spesso, assistiamo al paradosso di un consenso che non trova giustificazione alcuna, un plauso immotivato che autorizza certa politica a perpetuare il suo operato.
La demolizione dell’antenna pone un altro amaro interrogativo: dopo l’antenna, cos’altro c’è da demolire?
È una domanda che risuona come un grido d’allarme, un monito a svegliarsi prima che non resti più nulla da salvare.
È tempo di riflettere, di prendere consapevolezza delle nostre responsabilità e di esigere un cambiamento radicale, per riconsegnare a Caltanissetta il futuro che merita e arrestare questa inesorabile discesa. Ad Maiora
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