La requisitoria nel processo bis sulla morte del giovane medico avvenuta dieci anni fa nella discoteca Goa dello Zen. Da sempre la famiglia della vittima ha sostenuto che non poteva essere stato soltanto un calcio ad ucciderlo, ma l’accusa oggi ha ravvisato una presunta responsabilità solo a carico di un ex buttafuori
poco più di dieci anni dall’omicidio di Aldo Naro, il giovane medico ucciso al culmine di una rissa, nella notte tra il 13 e il 14 febbraio del 2015 all’interno della discoteca Goa dello Zen, e dopo una condanna ormai definitiva da tempo per omicidio preterintenzionale a carico di un giovane che all’epoca aveva 17 anni e che confessò di aver sferrato un calcio alla tempia del ragazzo – ritenuto fatale dalla prima autopsia – il sostituto procuratore Claudio Camilleri ha chiesto alla Corte d’Assise presieduta da Vincenzo Terranova (a latere Monica Sammartino) una condanna e due assoluzioni.
I tre imputati sono Gabriele Citarrella e Francesco Troia, vigilantes in servizio nel locale, e Pietro Covello, che invece sarebbe stato un buttafuori abusivo impiegato nella discoteca. E sono accusati di omicidio volontario perché, sulla scorta di una nuova autopsia eseguita nel 2021, “un solo colpo (cioè quello del minorenne reo confesso che, comunque ha sempre sostenuto di aver avuto intenzione di uccidere Naro, ndr) non avrebbe potuto generare una tale emoragia cerebrale e lesioni ossee”. Al termine della sua requisitoria, il pm ha chiesto la condanna a 10 anni di carcere – ma con l’accusa di omicidio preterintenzionale – per Troia (che è difeso dall’avvocato Salvino Pantuso) e l’assoluzione per gli altri due imputati, che sono assistiti dagli avvocati Antonio Turrisi, Marcello Consiglio e Giuseppe Laudicina.
I tre imputati erano stati rinviati a giudizio dal gup Rosario Di Gioia, che aveva accolto la tesi sostenuta da sempre dalla famiglia della vittima, parte civile nel processo con l’assistenza degli avvocati Salvatore e Antonino Falzone e che stamattina ha discusso a sua volta.
Ed è proprio a suon di consulenze e perizie che si è giocato questo nuovo dibattimento. Secondo la prima autopsia, eseguita dal professore Paolo Procaccianti, per anni a capo dell’Istituto di Medicina legale del Policlinico, ad uccidere Naro era stato proprio quel calcio alla tempia sferrato dal minorenne. Ed è una tesi che è stata confermata anche dagli esami svolti dai consulenti delle difese degli imputati. Gli accertamenti della parte civile con una strumentazione particolare (che al momento dell’omicidio non esisteva), avrebbero invece consentito di rilevare la presenza di una serie di lesioni, come la rottura del setto nasale, una “lesione fratturativa del massiccio facciale e della seconda vertebra cervicale con infiltrazione ematica” e “l’atroce agonia per gasping con inalazione del sangue sceso nei polmoni”, non riscontrati in precedenza.
In realtà, come ha illustrato anche il professore Procaccianti, che è stato sentito durante il processo, queste ipotesi non starebbero in piedi perché per morire soffocato dal proprio sangue, Naro avrebbe dovuto avere appunto tracce ematiche nei polmoni. Che non ci sarebbero. Secondo i parenti della vittima, invece, sarebbe stata una “sequenza rapida di molteplici colpi ad altro impatto contusivo nella regione cranica”, un pestaggio insomma, ad uccidere Naro e non il solo calcio del minorenne alla tempia.
Fonte PalermoTaday
