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Meloni fa un regalo alle assicurazioni: risarcimenti tagliati

Last updated: 07/01/2025 6:29
By Redazione 180 Views 10 Min Read
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Un po’ come l’Occidente tramonta, almeno a stare a Spengler e ai suoi seguaci, così la Rc auto aumenta

Dev’esserci una qualche forza incoercibile a spingerla in alto: a stare all’ultima rilevazione dell’Ivass, l’autorità che assai benevolmente vigila sul settore, anche a ottobre il prezzo medio dell’assicurazione obbligatoria per i veicoli è salito del 7,2% rispetto a un anno prima (a 416 euro), un tasso decisamente superiore all’inflazione, che in Italia a ottobre era sotto l’1%.

Come al solito, va ricordato, il prezzo medio dice molto, ma non certo tutto: nel nostro Paese le disparità di prezzo tra le varie zone sono enormi (267 euro tra Napoli e Aosta, quella più grande) e ad esempio a Roma l’aumento di ottobre è stato dell’11,5% e del 10,5% per gli automobilisti delle classi di merito superiori.

Una beffa.

Il problema, nonostante gli alti là dell’Ania, la Confindustria di settore, è che la Rc auto obbligatoria è il bancomat delle assicurazioni, specie da quando il governo Monti ha di fatto reso impossibile dimostrare le microlesioni fino a 10 punti: una nuova regolazione che, insieme al drastico calo dei sinistri (-53% in 21 anni), ha praticamente dimezzato i risarcimenti, ma senza che i premi pagati dagli utenti calassero.

Basti a descrivere il non strano fenomeno un position paper di Assoutenti depositato di recente in Parlamento e basato su dati Ania: “Dal 2014 al 2021 su 93,5miliardi di euro di raccolta premi gli utili cumulati sono oltre 8,2 miliardi con una redditività per sinistro di quasi il 9%.

Tale dato rappresenta un record mondiale assoluto, perché la redditività media del settore Rc Auto in Paesi comparabili al nostro è di non oltre il 2%”.

L’acquiescenza di politica e regolatori ha permesso che, a fronte di un obbligo di legge per gli utenti, si formasse un mercato concentrato e di fatto non concorrenziale: i primi tre gruppi assicurativi (nell’ordine Unipol, Generali e Allianz) valgono il 60% della Rc auto, i primi dieci quasi il 90%.

Una situazione su cui le molte leggi per la concorrenza succedutesi nell’ultimo quindicennio non hanno inciso, preferendo invece colpire la pericolosa lobby dei carrozzieri o l’infedeltà degli automobilisti, inclini alla truffa, almeno a stare alle compagnie.

Ora arriva l’ultimo regalo alle imprese: meno risarcimenti per le macrolesioni fino alla morte.

Da questo governo le assicurazioni stanno ricevendo molti doni: dall’assicurazione obbligatoria per le calamità naturali, al regolamento sulle polizze per la responsabilità civile sanitaria, fino alla stipula forzata di polizze salute che la popolazione più o meno abbiente deve contrarre per sopperire alla crisi della sanità pubblica accelerata dallo stesso esecutivo.

Da ultimo, il 25 novembre 2024 il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva il regolamento sulla Tabella Unica Nazionale del danno biologico (T.U.N.) redatto dal ministero delle Imprese e del made in Italy, che stabilisce il valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità permanente per le macrolesioni (invalidità tra dieci e cento punti) e il parametro monetario per liquidare i giorni di invalidità temporanea.

Questa tabella sarà usata per i sinistri stradali e per la responsabilità medico-sanitaria, ma non stupirebbe se una parte della magistratura, che non concepisce la tutela risarcitoria integrale dei danneggiati come priorità, la estendesse agli altri settori.

Si tratta del frutto di una lunga storia di favori alle assicurazioni, che inizia con Amato e Letta junior nel 2001, prosegue con Berlusconi, incontra sulla sua strada Monti, Renzi e Draghi per approdare a Meloni &C.

Nel 2002 e negli anni successivi il progetto della tabella fu presentato come necessario per sopperire alle differenze tra i tribunali: agli inizi del millennio ciascuno operava con proprie “tariffe” risarcitorie. In realtà fin dal principio l’intento fu quello di risarcire di meno anche nei casi più gravi, ossia per le menomazioni dal 10% di invalidità permanente in su.

Sennonché da almeno il 2011 la tabella elaborata dal Tribunale di Milano, pur non brillando sul piano tecnico, aveva risolto il problema della disparità di trattamento, essendo assurta, su indicazione della Cassazione, a tabella applicata dai giudici a livello nazionale.

Di una tabella di legge, dunque, non si avvertiva più alcuna necessità, salva l’ipotesi di una tabella tecnicamente migliore e più giusta verso i danneggiati rispetto a quella ambrosiana.

Tuttavia, secondo quanto emerge dal testo ufficioso che sta circolando in attesa dell’emanazione del relativo decreto, la tabella approvata dal governo non possiede queste qualità.

Primo perché dal punto di vista tecnico presenta una curva di progressione dei risarcimenti in ragione del crescere della gravità delle menomazioni decisamente irregolare rispetto ai parametri di legge.

Secondo perché il livello dei risarcimenti è nettamente più basso dei risultati che si avrebbero applicando correttamente i criteri fissati dal Parlamento. In attesa della pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale, dalla comparazione tra la tabella milanese e la versione della TUN in circolazione si possono trarre i seguenti esempi in relazione ai valori base in sede di trattative: un danneggiato di 30 anni con il 60% di invalidità permanente (amputazione di arto superiore) avrebbe ottenuto 645.288 con la tabella milanese, che diventano 579.267 con la TUN; una persona di 60 anni con 40% di invalidità (amputazione di una gamba) 262.448 euro oggi e 239.394 domani; un quindicenne col 30% di invalidità permanente (amputazione del piede) 203.959 con la tabella milanese e 191.986 con quella di Meloni; un bimbo di 10 anni che perdesse entrambe le mani (invalidità all’80%) oggi otterrebbe 1.074.578, con la nuova tabella 1.043.503.

Risparmi importanti per i responsabili dei danni e le loro assicurazioni.

I sostenitori della nuova tabella controbattono che la TUN liquida di più ai macrolesi più gravi (sopra l’85% di invalidità) rispetto a quella milanese: è in minima parte vero, ma si tratta di propaganda.

La redazione della TUN secondo i parametri parlamentari avrebbe condotto a risarcimenti più alti innanzitutto proprio per le persone con menomazioni più gravi.

Non solo: per il danno morale viene fissato un tetto massimo non previsto dalla legge con minimi – non contemplati dal legislatore – inferiori ai valori considerati con la tabella milanese; il quantum del danno non patrimoniale temporaneo viene dimezzato rispetto a Milano, sempre contro le indicazioni del Parlamento (l’invalidità temporanea totale si passa dai 115 euro “milanesi” ai 71,812 della TUN).
Le assicurazioni, già rese più forti nelle trattative da una giustizia civile distrutta dalla riforma
Cartabia e ora al tappeto con Nordio, eviteranno le cause pagando molto meno.

Eppure la Sezione Consultiva del Consiglio di Stato nel febbraio 2024 aveva bocciato questa TUN, già proposta a fine 2023, in quanto tale da ridurre le liquidazioni dei danni.

E aveva affermato un principio importante: questioni di “sostenibilità economica” non possono
mai dare luogo a un generalizzato e ingiustificato ridimensionamento della tutela delle vittime, che deve sempre ispirarsi ai principi di pienezza, effettività e adeguatezza.


I giudici avevano invitato il governo a nuove consultazioni che coinvolgessero anche le associazioni dei danneggiati e degli avvocati delle vittime, tra queste l’associazione familiari vittime della strada, Unarca e la europea Peopil, le quali – la scorsa estate – avevano formalmente,
ma invano, sollecitato governo e Ivass ad avviare il confronto.

La tabella pertanto, è stata approvata dal Consiglio dei ministri contro i danneggiati e, sempre in base al testo ufficioso, in favore delle assicurazioni che, nonostante i regali ricevuti, non abbasseranno neppure i premi (tra risarcimenti e premi, peraltro, non corre lo stretto legame raccontato per anni a tutti).


Con ogni probabilità la tabella sarà oggetto di scrutinio da parte del Tar del Lazio, della Corte costituzionale e dei giudici, ma è trascorso culturalmente molto tempo da quando la magistratura affermò con convinzione il diritto al risarcimento integrale per i danni alla persona.

Ora vanno di moda i “compromessi”, che in realtà finiscono per togliere ai più per fare guadagnare una ristretta cerchia di soggetti.

Così la tabella attribuirà risarcimenti più bassi alle vittime in un sistema giustizia sempre meno capace di tutelarle.

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