La premier ospite diAzione. Il leader contro Conte. La segretaria pd: governo improvvisato
Al congresso di Azione di Carlo Calenda ieri mattina la premier Giorgia Meloni è arrivata in tempo per ascoltare ’intervento del leader. Che diceva: «È una nostra avversaria, ma con gli avversari si parla».
E la premier subito dopo ha cordialmente ricambiato: «Abbiamo fatto un po’ discutere con la presenza a questo congresso, forse dovremmo interrogarci sul perché un normale confronto faccia discutere. Ho letto cose surreali come quella che vengo qui per dare segnali agli alleati, che vorrei
sostituirli».
È la difesa dell’Europa e l’Ucraina a tenere banco alla kermesse, ma ancora di più il rapporto dell’Ue con gli Usa. «Ci sono divergenze con gli Stati Uniti a partire dai dazi, ma non bisogna agire d’impulso. Io difendo l’unità dell’Occidente e voglio ringraziare Ursula von der Leyen—diceMeloni
riferendosi all’intervista rilasciata al Corriere —che ribadisce la necessità di difenderla».
Quindi l’attacco alla segretaria del Pd: «Ho sentito Elly Schlein dire che gli Stati Uniti non possono essere nostri alleati. Non capisco: la proposta è rompere ogni forma di alleanza con gli Stati Uniti e
chiedere loro di occuparsi della nostra sicurezza? O che l’Europa diventi una grande comunità hippy e sperando nella buona fede delle altre potenze straniere?».
Immediata la replica di Schlein: «Il governo è improvvisato, litiga su politica estera e attacca opposizione».
Ad aprire il congresso è stata la dem Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo, ed è suo il primo degli attacchi che hanno come bersaglio ilM5S: «È necessario essere molto chiari: trarre profitto elettorale dalle paure, dal giusto desiderio di pace è una truffa».
L’attacco più duro al partito di Conte è arrivato però dal padrone di casa: «L’unico modo per avere a che fare con il Movimento 5 Stelle è cancellarlo ».
E poi il ministro della Difesa Guido Crosetto: «Negli ultimi anni l’Italia ha visto prevalere una politica contro a prescindere, basata non sul confronto ma sugli slogan.
Un’Italia che purtroppo ha consentito a persone, che in altri Paesi continuerebbero a fare gli avvocati di sesta fila in qualche studio minore, di arrivare a governare il Paese».
Durissima la replica di Giuseppe Conte: «Oggi mal di stomaco alle stelle per il partito trasversale
delle armi a oltranza, insulti e attacchi a raffica per il sottoscritto e il M5S da Meloni, Crosetto, Calenda. Continuate pure, sono medaglie. Saremo il 5 aprile a Roma per dire no a questo piano di riarmo ».
Critico anche il dem Francesco Boccia: «Non si costruisce un’alternativa cancellando ilM5S».
Al momento dei panel per il Pd sono comparsi Lorenzo Guerini e l’ex premier Paolo Gentiloni, che a proposito delle critiche alM5S ha rimarcato il «più importante ruolo di Salvini: è nel governo ed è vicepremier ».
A Gentiloni il moderatore ha chiesto commenti sulle contraddizioni del Pd. Lui ha glissato, chiosando: «Non voglio stare qui a dire se il bipolarismo esiste o no. Voglio costruire un’alternativa liberaldemocratica ».
Dopo questa frase Calenda ha preso al balzo il microfono: «Caro Paolo io l’alternativa la voglio
costruire con te, domani mattina».
Il feeling e le battute: Carlo,mi hai fatto fare la parte della moderata La risata quando lui dice: ilM5S va cancellato
Tra il primo (tiepido) applauso dei calendiani a Giorgia Meloni e il battimani finale, più lungo e sentito, ci sono le risate, le battute, le faccette con cui l’ospite d’onore del congresso di Azione
marca la vicinanza o, poche volte, si smarca dal padrone di casa. «Ammazza Carlo, mi hai
fatto fare la figura della moderata », è l’omaggio con cui la premier, arrivata in ritardo, ringrazia il leader prima di filare via all’ora di pranzo.
Quando parla Calenda gli occhi dei cronisti sono puntati sul viso della «cara Meloni», in prima fila alla destra di Paolo Gentiloni.
Il momento destinato a rimbalzare sui siti nazionali è quello in cui l’ex ministro si scaglia contro Giuseppe Conte, gli dà del «pusillanime » e «mentitore seriale » e lo accusa di aver «buttato 200 miliardi in bonus edilizi ».
Guido Crosetto per poco non abbraccia Ettore Rosato, poi scatta in piedi in una personale standing ovation e cerca lo sguardo di «Giorgia», che dispensa a Giovanni Donzelli sorrisetti soddisfatti. Tra
lei e Gentiloni non c’è grande simpatia, tanto che l’ex premier poco prima l’aveva definita
«titubante» in politica estera.
Eppure è proprio al già commissario europeo del Pd che la premier si rivolge per commentare gli schiaffoni di Calenda a Conte sul bonus edilizio: «E questa è bella!».
Meno bella, per Gentiloni, l’uscita con cui Calenda sostiene che il M5S bisognerebbe «cancellarlo». Meloni si sganascia, l’ex premier proprio no.
È solo una delle tante scenette che certificano i reciproci rispetti tra la donna che guida la destra e un leader dell’opposizione. «Io nel governo Meloni? Voi siete pazzi », si era schermito Calenda, poco prima che la fondatrice di FdI varcasse la soglia.
Ma adesso eccola qua, Giorgia Meloni, che quasi si sente a casa e sorride di gratitudine quando Calenda sferza la sinistra: «La democrazia è a rischio perché Meloni ricostituirà lo Stato fascista? Non diciamo idiozie». Una melodia romantica. «Non dovremmo votare provvedimenti giusti
perché li presenta questo governo? ».
Meloni annuisce per ben dieci volte e di nuovo piega ripetutamente il mento quando Calenda critica «l’arroganza e la mancanza di stile » di Jeff Bezos, che «affitta tutta Venezia per sposarsi».
Di nuovo ride, la premier, quando il «caro Calenda» si augura di arrivarci lui a Palazzo Chigi,
perché stare all’opposizione «sta diventando noioso».
La distanza più grande è su Autonomia e premierato. L’afflato più sentito è sull’Ucraina.
Per respingere il pacifismo di mezza sinistra, Meloni rispolvera la battuta urticante sull’Europa come una «grande comunità hippy demilitarizzata ». Ce l’ha con Schlein, Fratoianni e Bonelli, certo, ma
loro sono le nuore e la suocera che deve intendere è Salvini.
La premier non vuole sostituirlo con Calenda, no. Ma quando il fondatore di Azione ribadisce come «il discrimine » sia tra chi sostiene Kiev e chi no, Meloni batte forte le mani, per poi chiudersi a
braccia conserte quando il bersaglio è «Trump, che vuole demolire e depredare l’Europa insieme a Putin».
Ma di nuovo, parlando di dazi, Calenda sostiene che «ai bulli si risponde con la forza» e Meloni,
a sorpresa, lascia cadere un «sì, certo».
Su giustizia, nucleare, no al Green deal e acqua pubblica i due leader potrebbero militare nello stesso partito.
Meloni riconosce ad Azione la «capacità di confrontarsi nel merito », e mentre rimprovera a
Schlein, Conte e compagni di «mentire» pur di darle addosso, dispensa formule aperturiste come «punti di incontro » e «priorità condivise».
Nessuno a sinistra abbocca, ma Calenda ha fatto centro e scherza con la stampa: «Fossero voti, tutti ’sti microfoni!».
Dal corriere della Sera
