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Nel segno di B. Pier Silvio parla di FI come di una società con quote e investitori. Le opposizioni: “Così è una farsa, Tajani non è il leader, ma solo un dirigente d’azienda”

Last updated: 14/12/2024 18:16
By Redazione 105 Views 5 Min Read
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TV, AFFARI E POLITICA: COMANDA FININVEST

È lo sdoganamento del partito azienda.
Nulla di nuovo per chiunque avesse uno spirito di osservazione appena dignitoso, ma sentire Pier Silvio Berlusconi parlare di Forza Italia al Fatto come di un asset societario (“non lo cediamo”, “nessuno si è fatto avanti per rilevare le quote”, eccetera) fa riflettere su quanto una palese anomalia sia ormai considerata la normalità, anche solo per colpa dell’abitudine.
Il tema non è certo solo di principio. Forza Italia siede al governo e si trova a discutere questioni che toccano nel portafoglio la famiglia proprietaria (vedi canone Rai e tasse sulle banche, giusto
per citare due casi recenti), finendo naturalmente per condizionare i posizionamenti politici agli interessi privati dei Berlusconi.
L’Italia di Silvio ne ha viste tante e dunque ne risente la capacità di stupirsi. Ma le parole di Pier Silvio non cadono nel vuoto. Arturo Scotto, deputato del Pd, scuote la testa di fronte alle dichiarazioni dell’amministratore delegato di Mediaset: “Vogliamo capire se quando parliamo di
Forza Italia parliamo di un partito della coalizione di maggioranza oppure della protesi di un’azienda privata”.
Storia vecchia ma adesso ancor più bizzarra: “È un equivoco irrisolto da trent’anni, ma senza più la presenza del protagonista principale rischia di trasformarsi in una farsa”.
GIÀ, PERCHÉ finché Berlusconi era proprietario e leader politico c’era perlomeno una certa coincidenza tra interessi economici e direzione politica, incarnati dalla stessa
persona. Adesso invece Antonio Tajani, che guida il partito, deve fare i conti con gli ingombranti azionisti.
“Penso sia mortificante parlare di un partito come un’azienda da vendere – riflette Riccardo Ricciardi, vicepresidente del Movimento 5 Stelle – Non ci sorprendono le affermazioni di Pier Silvio Berlusconi, però davvero esplicitare tutto ciò è un punto bassissimo per la politica”.
MA CHE NE PENSANO in Forza Italia ?

Fuori taccuino la reazione più diffusa è quella del sollievo, altro che onte o commissariamenti
aziendali.
Menomale che i Berlusconi ci sono e assicurano il proprio impegno per i prossimi anni, scongiurando salti nel vuoto (Letizia Moratti o chi per lei).

A metterci la faccia è Nazario Pagano, deputato e presidente della commissione Affari costituzionali: “Non c’è alcun atteggiamento padronale, nella maniera più assoluta – risponde al
Fatto – Forza Italia non è un partito azienda ed è un bell’esempio che i figli di Berlusconi tengano a quanto realizzato dal padre”.
PROV IA MO a incalzare l’onorevole: il linguaggio usato da Berlusconi jr. quando parla di Forza Italia è da compravendita di azioni, non da partito.
“Ma non è la stessa cosa, qui ci sono delle fideiussioni che risalivano a Silvio Berlusconi e che sono passate ai figli.
Non è che chi è creditore diventa proprietario. Forza Italia ha fatto un congresso, abbiamo eletto un segretario nazionale e Antonio Tajani esprime la linea politica del partito”.

Che spesso però deve fare i conti con gli interessi dei Berlusconi: “Ma io non ho mai creduto alle voci che danno Tajani in dissenso con la famiglia o che parlano di frizioni.
Anzi, mi è sempre risultato il contrario”.
La versione di Pagano racconta un certo conforto non solo per le rassicurazioni di Pier Silvio Berlusconi, ma pure per i risultati di un partito che sembrava doversi dissolvere alla morte del suo
fondatore e che invece ha saputo rinforzarsi, guadagnandosi discrete prospettive dentro la coalizione (la Lega, per dire, non sta certo meglio).
E pazienza se le opposizioni attaccano. Angel o Bonelli, leader dei Verdi, lo dice dritto: “Non avevamo dubbi, Forza Italia è un’emanazione economica-politica di Fininvest. E Tajani, più che un segretario, è un amministratore delegato”.
BONELLI PERÒ, essendo in politica ormai da qualche anno, sa bene che gridare allo scandalo
non basta.

È sufficiente guardarsi indietro per rendersi conto di ciò che si sarebbe potuto fare e invece non è mai stato fatto, complice una certa indulgenza nei confronti di B.: “Negli anni si è persa la grande occasione, per responsabilità anche del centrosinistra, di fare una vera legge sul conflitto di
interessi. Il risultato è che oggi c’è un problema serio che riguarda, per esempio, il rapporto
tra democrazia e informazione e la narrazione falsa che viene portata avanti sulla transizione ecologica e sulla situazione economica del Paese ”.
Esami di coscienza che meriterebbero un rito collettivo.
Nel frattempo, i Berlusconi ringraziano.

Da ilFattoQuotidiano

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