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“Oltre la meta” Nissa Rugby, all’IPM di Caltanissetta: “Beyond Anger – Oltre la rabbia”, laboratorio di teatro etico, ideato e condotto da Diletta Costanzo, Naponos

Last updated: 06/02/2025 17:53
By Redazione 173 Views 5 Min Read
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Giunge alla conclusione un’altra delle attività inglobate nel progetto “Oltre la Meta” dell’IPM Caltanissetta e della Nissa Rugby nell’ambito di SPORT DI TUTTI – “Carceri”, iniziativa promossa dal Ministero dello Sport, attraverso il Dipartimento per lo Sport in collaborazione con Sport e Salute S.p.A., la società dello Stato per la promozione dello sport e dei corretti stili di vita. L’iniziativa si inserisce nell’ambito delle attività previste dai protocolli d’intesa sottoscritti con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (“DAP”) e con il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità (“DGMC”).

Nel corso di 24 incontri, tutor, operatori e volontari di Naponos hanno guidato i giovani detenuti, al riconoscimento, gestione e superamento della rabbia con attività e tecniche psico-teatrali.

Il tutor del progetto Diletta Costanzo (formatore teatrale e cinematografico con specializzazione in “Neuroeducazione ed educazione emozionale”) ha individuato nell’emozione della rabbia il focus di partenza del progetto e, nel suo superamento, l’obiettivo finale: “La rabbia è una delle emozioni più sentite e più diffuse tra i detenuti di un penitenziario minorile. Questa emozione, esattamente come tutte le altre, non ha degli aspetti positivi o negativi (anche se il parere comune la descrive come una pessima emozione). In realtà è deleterio il nostro modo di reagire alla rabbia, il non controllo che agiamo su di essa, il non voler sapere perché è suonato un campanello dentro di noi che ci avvisa che qualcosa non va. In sintesi, spesso è pessimo il nostro modo di sostenere, incanalare e gestire la rabbia, e i risultati nel medio e lungo termine possono portarci a rimuoverla, a negarla, a sfogarla in parole e azioni eccessive e sproporzionate”.

Il gruppo di lavoro è partito dall’osservazione del gioco del Rugby, dove per esempio, in una nota ricerca condotta da Keleman si è riscontrato che se lo scopo del gioco è quello di portare la palla oltre la linea del fondo campo avversario e di schiacciarla a terra, oppure di spedirla con un calcio arrivando poi, per primi a toccarla, ciò obbligatoriamente, nel corso dei secoli, ha stabilito delle regole sempre più rigide. Lo scopo è quello di andare in “meta” e questo specifico compito è affidato agli 8 “avanti” giocatori che per ricoprire tale ruolo non devono soltanto essere forti, dinamici e intelligenti ma devono agire con un grande senso della cooperazione. La cooperazione “ritualizza” la rabbia e l’aggressività in campo, e le incanala verso un obiettivo che ne spoglia l’autonomia e l’irrazionalità. Da questo presupposto, il laboratorio teatrale ha dapprima osservato le regole del Rugby, ha costruito un legame di fiducia tra utenti e operatore, ha razionalizzato l’emozione della rabbia e le sue manifestazioni visibili e invisibili, ha costruito una dinamica di cooperazione basic che consentisse ai partecipanti di conoscersi e riconoscersi nello stesso gruppo d’interesse, ha guidato il gruppo a riconoscere nel superamento della rabbia l’obiettivo comune.

Diletta Costanzo ‘svela’ la struttura: “Le tecniche utilizzate sono quelle dello psicodramma, del role playing, del mirroring effect, del soliloquio. Ogni singolo utente ha verbalizzato al gruppo (scegliendo una tra le tecniche proposte) i motivi che scatenavano la sua rabbia. Il gruppo si è impegnato prima ad entrare in empatia, poi a mettere in scena la causa scatenante e infine a trovare soluzioni possibili per risolverla. Il teatro si rivela da sempre una delle arti più adattabili all’osservazione e alla gestione delle emozioni. Il laboratorio teatrale specifico ha prodotto un miglioramento degli aspetti sociali tra detenuti, un affinamento della capacità di ascolto degli utenti, un allenamento delle proprie capacità di empatia e di problem solving”.

Aneddoto disvelante: “Dei 10 detenuti che hanno svolto il progetto solo uno aveva avuto esperienze di teatro. Vedendo il disagio dei compagni nel mettersi in gioco nelle attività del progetto li ha esortati a non farsi intimidire o spaventare ma, al contrario, ha spiegato, di sia iniziativa, che tutti facciamo teatro qualche volta nella vita senza accorgercene. Come quando cantiamo a squarciagola l’inno nazionale prima che comincia una partita dell’Italia, e crediamo di essere dei cantanti con una folla che ci applaude. A quel punto, alla partenza del primo che intonava l’inno tutti gli altri lo hanno seguito (anche gli stranieri che non conoscevano neanche una parola). La lezione si è conclusa con un breve concerto di tutte le canzoni conosciute dai ragazzi.”

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