In Italia norme blande: per la sinistra non è mai stata davvero una priorità
“È un cortocircuto che danneggia la democrazia”.
Pier Luigi Petrillo insegna Diritto pubblico comparato all’Unitelma Sapienza di Roma e Teorie e tecniche del Lobbying alla Luiss. Considerato tra i massimi esperti delle norme sul conflitto
di interessi in politica, ritiene quella di Forza Italia “un’anomalia” dovuta a una normativa “molto indietro rispetto ad altri Paesi europei”.
Professor Petrillo, Pier Silvio Berlusconi parla di quote di partito da cedere.
Che effetto le fa? Si ha la conferma che in Italia vi è ormai una percezione del partito politico
come di uno strumento personale che viene messo al servizio di una serie di interessi,
magari temporanei o occasionali. Un partito di destra può anche spostarsi su posizioni di sinistra –per esempio sui diritti civili– a seconda di come conviene al padrone di turno.
In Forza Italia il padrone non è occasionale, dunque questo fenomeno è radicato.
Sì, è nel patto fondativo di Forza Italia. Abbiamo visto altri partiti cambiare linea
politica, pensiamo al Pd di Renzi e quello di Schlein, ma lì non c’era l’elemento del finanziatore.
Qui tutto parte da quando un imprenditore decide di fondare un partito, il suo partito.
È un’anomalia italiana?
U n’enorme anomalia italiana, in altri Paesi europei –e mi riferisco anche a Portogallo e
Grecia, non a Francia e Germania – le regole sono più stringenti. Essendo un partito al governo e avendo anche un certo peso, avviene il cortocircuito per cui ogni decisione che il partito prende deve essere valutata anche in termini di impatto sugli interessi economici dei proprietari.
E non c’è alcun apparato normativo che tuteli il partito stesso dai suoi proprietari, gli eletti né tantomeno gli elettori. Non abbiamo norme efficaci sul conflitto di interessi.
Le norme attuali non funzionano?
Secondo la legge Frattini, l’unica cosa che i ministri di Forza Italia sono tenuti a fare, come ovviamente tutti i colleghi degli altri partiti, è astenersi sui provvedimenti che li riguardano personalmente. Non su quelli che riguardano i propri finanziatori o i padroni del proprio partito. Tutto ciò condiziona in negativo la qualità della nostra democrazia.
Almeno sulle lobby, negli ultimi anni, ci sono stati dei passi avanti.
Troppo poco ?
C’è un registro dei portatori di interessi, che però vale solo alla Camera, ma che comunque
è del tutto inutile. Anzi, lì dentro ci finisce registrato chi magari ha piacere di finirci,
non sono certo quelli i lobbisti. Il registro non ha alcuna efficacia. E questo inficia sulla politica e sulla percezione dei partiti, perché la mancanza di trasparenza, su questo come su altro, invita gli elettori a non distinguere e alimenta il disgusto dei cittadini. È normale che i finanziatori della
campagna elettorale si sappiano mesi dopo le elezioni ?
Chi vota dovrebbe saperlo prima. Anche perché ormai non siamo più nella situazione in cui un finanziatore sostiene un partito che ritiene affine, ma rischiamo di avere partiti che diventano
affini alle idee dell’imprenditore che li finanzia.
Negli anni il centrosinistra ha avuto varie occasioni per intervenire.
Certo, il centrosinistra è stato al governo diverse volte negli ultimi 25 anni. Ho citato la legge Frattini: seppur blanda, non è comunque una legge prodotta dal centrosinistra.
Evidentemente questi temi non sono mai stati davvero prioritari per la coalizione.
Da ilFattoQuotidiano
