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“Questa me lo segno”: Promemoria o la solita minaccia velata della politica e non solo?

Last updated: 07/07/2025 7:24
By Sergio Cirlinci 156 Views 7 Min Read
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Che non tutti sappiano accettare le critiche, che non li osssequi o non li incensi, è cosa risaputa

Se a pronunciare questa sia un normale cittadino, maagari sentendosi chissà chi, ci può anche stare, “…e chi se ne frega, segnatela pure“, ma quando il soggetto è un politico, che si crede anch’esso chissà chi, la cosa assume un significato diverso, ma anche qui vale il “…e chi se ne frega, segnatela pure“

Quando un politico risponde o fa sapere, riferendosi ad un post, un commento o a un articolo poco sgradito, con la frase “questa me la segno”, ci si pone una domanda.

E’ un semplice promemoria per sé stesso, un appunto su un fatto o un’affermazione, oppure una velata minaccia?

La risposta non è sempre la stessa, dipende molto dal contesto, dal tono e dalla storia del politico in questione.

In linea di principio, l’espressione “questa me lo segno” può essere interpretata come un modo per ricordare un determinato fatto o commento.

Un politico potrebbe voler tenere traccia delle critiche, promesse non mantenute o persino di affermazioni che ritiene infondate per poter eventualmente rispondere successivamente.

In questo senso, è una sorta di appunto reale, un promemoria per argomentazioni future o per contestualizzarloe in eventi successivi, è l’equivalente di annotarsi un punto per riprenderlo in un momento ritenuto magari più opportuno.

Ad esempio, se un politico viene accusato di una determinata mancanza e risponde “questa me la segno”, potrebbe significare che intende verificare l’accusa e, se infondata, usarla contro l’accusatore in un secondo momento.

Tuttavia, l’espressione assume spesso una connotazione ben più inquietante nel dibattito politico.

Il tono con cui viene pronunciata, o semplicemente conoscendo il soggetto e, soprattutto, il potere di chi la proferisce, possono trasformarla in una vera e propria minaccia velata.

Quando un politico con una posizione di potere o con una reputazione di “duro/a”. almeno così crede, pronuncia queste parole, il messaggio percepito può essere: “Ricorderò questa cosa e potrebbero esserci delle conseguenze”.                                                                                      

In questo caso è evidente che non si tratta più di un semplice appunto, ma di un avvertimento che la critica o l’azione sgradita non passerà inosservata e potrebbe avere ripercussioni negative per chi l’ha espressa, addirittura aggiungendo in alcuni casi… “nelle sedi opportune” (cit.)

Le conseguenze possono variare: dall’esclusione dal fornire comunicazioni, a togliere il saluto o l’amicizia sui social, cone relativo blocco, “così non mi legge”, pensa ingenuamente, fino a forme più sottili di ritorsione.

Questo tipo di frase gioca sulla psicologia della paura.

Non esprime infatti una minaccia diretta e perseguibile legalmente, ma lascia intendere che ci sarà comunque un prezzo da pagare per quanto detto o scritto.

È un modo per intimidire, per scoraggiare ulteriori critiche o per segnalare che la libertà di espressione, in quel contesto, ha dei limiti dettati dal suo potere, o presunto tale.

Al giorno d’oggi, purtroppo, le minacce e le querelle legali nel mondo della politica sono diventate quasi il “pane quotidiano”, le cosidette querere temerarie, quelle cioè sporte senza che vi fossero i necessari presupposti. In pratica, è temeraria la querela presentata quando nessun reato è stato realmente commesso.

Sembra esserci una crescente tendenza a ricorrere agli avvertimenti, velati o espliciti, e la minacci o il ricorrere alle vie legali per zittire il dissenso o screditare gli avversari.

Eppure, molto spesso, queste azioni si risolvono in un nulla di fatto.

Molte delle querele che vengono intentate finiscono per essere archiviate, a dimostrazione che le accuse o le presunte diffamazioni non erano fondate o non avevano la consistenza necessaria per proseguire in sede giudiziaria.

Questa tendenza ha un effetto boomerang non indifferente.

L’iniziativa legale, anziché intimidire, finisce per ritorcersi contro chi l’ha messa in atto, facendo fare una figuraccia a chi non ha saputo controbattere con fatti e argomentazioni concrete, come sarebbe più corretto fare.

Quando un politico, anziché rispondere nel merito delle questioni sollevate o delle critiche ricevute, preferisce intimidire con azioni legali che poi vengono archiviate, non fa altro che palesare una mancanza di argomenti validi, mista a pochezza e poco rispetto per la democrazia.

Invece di dimostrare capacità dialettiche o fondatezza delle proprie posizioni, dimostra solo l’incapacità di affrontare il dibattito politico sul piano dei fatti, rifugiandosi in strategie legali che si rivelano inefficaci e controproducenti.

La cittadinanza è sempre più attenta e percepisce che certe manovre sono principalemnete tentativi disperati di un voler controllare l’informazione, i social per evitare le critichea, insomma loro possono dire quel che meglio credono e guai se qualcuno osa dire che forse non è così o che si è detta una bella panzanata.

Questo maldestro tentativo non fa che erodere ulteriormente più la fiducia nelle istituzioni e nei rappresentanti politici.

Quindi certi politici, ma non solo, alcuni accomodatisi senza un forte consenso popolare, farebbero bene a darsi una regolata e comprendere che certi atteggiamenti non pagano.

Al prossimo “giro” non è detto si ritrovino dove oggi credono di essere i padroni, pensando di potere gestire tutto e imporre quello che si può dire o come lo si debba dire. Ad Maiora

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