Dopo Napoli, Bologna e Palermo, anche la Procura di Roma vuole vederci chiaro sul caso di giornalisti e attivisti spiati con lo spyware Graphite, creato dalla società israeliana Paragon.
I pm, di piazzale Clodio hanno aperto un un fascicolo d’indagine al momento contro ignoti in seguito all’esposto della Federazione nazionale della stampa.
Il reato ipotizzato è quello di intercettazioni abusive, previste dall’articolo 617 quater del codice penale: chiunque fraudolentemente intercetta comunicazioni relative a un sistema informatico o telematico o intercorrenti tra più sistemi, ovvero le impedisce o le interrompe, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a cinque anni.
L’iniziativa dei pm romani segue dunque quelle delle altre tre procure destinatarie di denunce da parte di alcune delle presunte vittime dello spionaggio. Tra loro il direttore di Fanpage Francesco Cancellato, il capomissione e l’armatore della Ong Mediterranea saving humans Luca Casarini e Beppe Caccia, e il cappellano di bordo don Mattia Ferrari.
Proprio Casarini e Caccia sono già stati sentiti dagli inquirenti a Palermo e Napoli come persone informate dei fatti.
Sui cellulari dei due sono in corso analisi da parte degli esperti della polizia postale per verificare le intrusioni denunciate.
E gli inquirenti potrebbero presto ampliare il campo delle indagini con rogatorie internazionali, per acquisire informazioni da parte di Paragon Solutions, azienda fondata in Israele e dal dicembre scorso nelle mani di un fondo americano che vende il suo software a ‘zero click’ Graphite soltanto a entità governative.
I pm potrebbero inoltre chiedere informazioni a Meta, che ha notificato ai ‘target’ l’attività di spionaggio che avevano subito; così come al laboratorio di ‘The Citizen Lab’ dell’università di Toronto, cui si è rivolta Mediterranea, su consiglio della stessa Meta, per fare accertamenti sui dispositivi infettati. Della vicenda si sta occupando anche il Copasir, che a fine febbraio ha ascoltato
per quasi due ore il direttore del Dis, Vittorio Rizzi, dopo aver sentito anche i capi di Aise ed Aisi, Giovanni Caravelli e Bruno Valensise chiamati a riferire sulle modalità d’uso del software da parte dell’intelligence.
