La speranza è appesa a un regolamento sull’uso dei fondi europei per le calamità naturali
La Sicilia potrebbe avere a disposizione circa 700 milioni di euro per erogare ristori a chi ha subìto danni dalla siccità.
O, almeno, il tentativo è quello di rendere disponibili le somme già liberate dall’Europa.
La speranza è appesa a una norma approvata lo scorso dicembre a Bruxelles quando era in discussione il cosiddetto regolamento “Restore”.
La modifica che ha ottenuto la fumata bianca prevede la possibilità che il 10 per cento dei
fondi europei (sette miliardi di euro tra quelli per lo sviluppo regionale e quelli del fondo sociale europeo) possano essere riprogrammati per danni causati da calamità naturali.
L’effetto di quel voto espresso a Bruxelles, al di qua dello Stretto si traduce in circa 700 milioni di euro che la Regione può usare per risarcire i siciliani che hanno subìto danni per cause naturali. Peccato che, da quanto filtra dagli uffici, tra le cause naturali non sia (ancora) stata inserita la siccità.
E proprio attorno agli effetti del climate change la scorsa estate l’agricoltura siciliana è rimasta in ginocchio, con danni certificati — da quanto filtra dagli uffici della Protezione civile regionale — per 400 milioni di euro.
Le temperature oltre la media, la conseguente evaporazione dell’acqua contenuta negli invasi, che ha inciso come mai prima al di qua dello Stretto.
E ancora, i razionamenti severissimi in una prima fase e l’assenza d’acqua nelle campagne
quando la situazione è diventata più drastica, hanno causato danni enormi all’Agricoltura dell’Isola.
Da giugno 2024, quando centinaia di agricoltori hanno raccolto soltanto spighe vuote, passando
per la carenza di foraggi per gli allevatori, fino alle immagini che hanno fatto il giro del mondo delle capre costrette a bere fango.
Una situazione sfociata nel mercato nero delle autobotti, coi prezzi schizzati alle stelle che hanno ulteriormente penalizzato i produttori.
Senza contare i caseifici costretti a sventolare bandiera bianca perché senza acqua non riuscivano
a garantire i livelli di igiene.
Per tutta l’estate Coldiretti ha lanciato l’allarme su un intero comparto rimasto con le gomme a terra, nessuno escluso: dai produttori di vino a quelli di olio, fino ai coltivatori di pesche, arance, ortaggi, pomodori.
Persino le coltivazioni di fichi d’india hanno risentito di una desertificazione delle aree interne
che ha allarmato agronomi e meteorologi.
Tutti danni che gli uffici della Protezione civile, sulla base di quanto documentato dai coltivatori
diretti, hanno quantificato in circa 400 milioni di euro.
Per tutto questo, il rischio è che l’Isola resti tagliata fuori.
Perché, almeno al momento, l’Europa non avrebbe previsto tra le calamità naturali la siccità che ha travolto la Sicilia rendendola tra le regioni maggiormente colpite dagli effetti dei cambiamenti climatici.
A lavorare alla modifica del regolamento “Restore” sono stati anche gli eurodeputati Ruggero Razza e Giuseppe Lupo.
Proprio dalla Protezione civile si starebbe lavorando a un documento per chiedere chiarimenti sull’utilizzo delle somme.
Adesso serviranno una serie di passaggi burocratici: dalla Protezione civile agli uffici della Programmazione, fino a Roma e per ultima a Bruxelles, dove i burocrati europei saranno chiamati a dirimere la questione.
E dare il via libera o meno all’Isola per liberare le somme anche in favore degli agricoltori vessati da una crisi senza precedenti.
