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Dazi Usa, Trump pronto a colpire più forte: i Paesi nel mirino

Last updated: 30/03/2025 7:36
By Redazione 94 Views 5 Min Read
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L’ipotesi più probabile prevede tariffe sui prodotti provenienti dal 15% dei Paesi ritenuti i peggiori partner commerciali degli Stati Uniti, responsabili di quasi il 90% delle importazioni.

Dinald Trump sta spingendo i suoi consiglieri a rafforzare ulteriormente la politica dei dazi in vista del 2 aprile, da lui ribattezzato ‘Liberation Day’, in cui prevede una significativa escalation della guerra commerciale globale. Secondo quanto rivelato dal Washington Post, mentre molti alleati a Wall Street e al Congresso esortano a un approccio più cauto, il presidente Usa sarebbe determinato a insistere su misure aggressive per trasformare l’economia statunitense.

Chi e cosa c’è nel mirino di Trump

I suoi consiglieri stanno discutendo l’entità dei nuovi dazi, e l’ipotesi più probabile prevede tariffe sui prodotti provenienti dal 15% dei Paesi ritenuti i peggiori partner commerciali degli Stati Uniti, responsabili di quasi il 90% delle importazioni.

Trump ha già imposto dazi del 25% su tutte le importazioni di automobili e ha suggerito misure simili per i settori farmaceutico e del legname, provocando un calo nei mercati azionari e aumentando il rischio di recessione, secondo gli economisti. Tuttavia, il presidente continua a riflettere sull’introduzione di un dazio universale sulla maggior parte delle importazioni, in quanto ritiene che i dazi siano una vittoria per gli Stati Uniti, poiché riporteranno posti di lavoro nel settore manifatturiero e genereranno entrate per le casse federali. Secondo quanto riferito dal Washington Post, Trump si sarebbe anche pentito di non aver imposto tariffe più alte durante il suo primo mandato.

Critiche e divisioni

L’importanza dei dazi nella strategia politica di Trump è evidente anche dalle sue dichiarazioni pubbliche: li ha definiti la “parola più bella” del dizionario e sostiene che nel 19° secolo i dazi portarono il Paese al massimo della prosperità. Alcuni suoi alleati hanno persino proposto di trasformare il 2 aprile in una festa nazionale. “Invece del compleanno di Trump, rendiamo il ‘Liberation Day’ una festa nazionale per onorare i posti di lavoro e le competenze tornate in America”, ha dichiarato al Post Steve Bannon, ex consigliere del presidente. Non mancano, d’altra parte, dubbi e preoccupazioni tra i repubblicani al Congresso, gli alleati internazionali e gli investitori.

Le divisioni interne all’amministrazione sono evidenti, secondo il giornale. I repubblicani conservatori vedono i dazi come uno strumento temporaneo per ottenere concessioni dai partner commerciali, mentre altri consiglieri di Trump li considerano un mezzo permanente per incentivare il trasferimento della produzione negli Stati Uniti. In campagna elettorale, Trump si era espresso in modo abbastanza vago così da permettere a entrambi gli schieramenti di credere che avrebbe sostenuto le loro visioni. Ora, però, le divergenze stanno emergendo con maggiore chiarezza. “A un certo punto dovranno scegliere una strategia, perché alcuni degli obiettivi dichiarati sono in contraddizione tra loro”, ha osservato Erica York della Tax Foundation.

Alcuni repubblicani temono che i dazi possano compromettere l’estensione dei tagli fiscali del 2017, una priorità per il partito. “Stiamo cercando di dissuadere Trump da questi dazi protezionistici”, ha detto Stephen Moore, un suo storico alleato. “Il rischio è che i dazi oscurino la questione fiscale”. Altri deputati repubblicani, come il senatore John Hoeven, hanno espresso preoccupazioni per l’impatto sui produttori agricoli, mentre il senatore Ron Johnson ha avvertito che le tariffe potrebbero avere “effetti molto dannosi”.

Nonostante le critiche, Trump rimane determinato a procedere con la sua strategia. Alcuni gruppi scettici sul libero commercio, come la Coalition for a Prosperous America, vogliono tariffe permanenti del 18% su tutte le importazioni, sostenendo che “una tariffa reciproca usata solo come strumento negoziale contraddice il desiderio del presidente di ricostruire il settore industriale americano”, come ha dichiarato Nick Iacovella, vicepresidente dell’organizzazione. Trump sembra in parte d’accordo e ha ribadito che i dazi comporteranno “dolore a breve termine” per l’economia statunitense, ma non saranno facilmente revocati. “Il Giorno della Liberazione sta arrivando in America, presto – ha scritto su Truth Social – Per anni siamo stati derubati da quasi ogni Paese del mondo, amici o nemici. Ma quei giorni sono finiti”.

Fonte Adnkronos

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