La presidente del Consiglio boicotta il voto su lavoro e cittadinanza. «Un mio diritto non ritirare la scheda». Le opposizioni: «Vergogna»Ha scelto il due giugno per consegnare lo slogan più semplice e polemico di tutta la campagna referendaria. Il giorno in cui l’Italia, settantanove anni fa, scelse la Repubblica, nato da un referendum che fu, per la prima volta, anche delle donne. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, scioglie le riserve: «Vado a votare, ma non ritiro la scheda».
Intercettata tra l’Altare della patria e via dei Fori imperiali, a margine delle celebrazioni per la Festa della Repubblica, sceglie di non scegliere.È il gesto di chi entra nel rito repubblicano ma ne rifiuta il contenuto. Un’assenza che vale più di una presa di posizione: si sottrae senza rinunciare alla scena. Recarsi alle urne ma non partecipare al raggiungimento del quorum del 50 per cento più uno, necessario per validare i referendum promossi dalla Cgil.È una tecnica: non disertare, ma svuotare. Smontare dall’interno, col garbo istituzionale della partecipazione formale. La versione 2.0 della chiamata all’astensione che Ignazio La Russa aveva già pronunciato: «Farò propaganda affinché la gente se ne stia a casa».Parole che non hanno precedenti nel galateo delle istituzioni, dove un presidente del Senato smonta lo strumento e non la proposta. Sono seguiti a ruota il ministro degli Esteri, Antonio Tajani: «Non far scattare il quorum è un altro modo di votare. Non andrò al seggio». Più diretto il leader del Carroccio, Matteo Salvini: «Starò con i miei figli». Un modo per dire: ignoratelo.
A una settimana dal voto sul referendum (8-9 giugno) che vuole ripristinare il reintegro sul lavoro per licenziamento illegittimo, estendere le tutele anche nelle piccole imprese, limitare l’uso dei contratti a termine, rafforzare la responsabilità negli appalti, e facilitare l’accesso alla cittadinanza, si fanno più netti i contorni degli schieramenti e si inasprisce la battaglia politica.La reazione delle opposizioni è netta: «Meloni prende in giro gli italiani dicendo “vado a votare ma non voto”. Anziché dire se è favorevole o contraria ai 5 quesiti su lavoro e cittadinanza, conferma che vuole affossare i referendum e che teme il raggiungimento del quorum perché non ritirare le schede equivale a non votare», spiega la segretaria del Pd, Elly Schlein «la premier è contraria a contrastare la precarietà e migliorare la legge sulla cittadinanza».
Le fa eco il presidente del M5s Giuseppe Conte: «Indigna ma non stupisce che Meloni non ritirerà la scheda e quindi non voterà al referendum dell’8 e 9 giugno in cui si sceglie se aumentare i diritti e le tutele dei lavoratori contro precarietà, incidenti sul lavoro, licenziamenti. In fondo, in quasi 30 anni di politica, non ha fatto nulla per tutelare chi lavora e si spacca la schiena ogni giorno, i ragazzi precari che non hanno la fortuna di aver fatto carriera in politica. È vergognoso che questo messaggio di astensione rispetto a una scelta importante arrivi da un presidente del Consiglio il 2 giugno, giorno simbolo di un Paese che sceglie la Repubblica, della prima volta per le donne ammesse a un voto nazionale».
“Giorgia Meloni dice che andrà a votare ma non ritirerà le schede: una dichiarazione furba ma falsa», sostiene il segretario di Più Europa Riccardo Magi, presidente del comitato promotore del referendum sulla cittadinanza, «perché non si può andare a votare non ritirando le schede di alcun referendum. Un invito di fatto all’astensione quindi, che fa impallidire soprattutto perché fatto durante la cerimonia del 2 giugno, quando gli italiani con un referendum scelsero la Repubblica».
«Evidentemente Meloni ha tempo da perdere per prendere in giro gli italiani. Ma le persone comuni invece non hanno né tempo né occasioni né diritti da buttare – afferma, Nicola Fratoianni di Avs «L’8 e il 9 giugno andranno al seggio e non faranno la pantomima vergognosa di non ritirare la scheda» «Mancava solo la presidente del Consiglio, e la lista dei sabotatori del referendum è completa – aggiunge Angelo Bonelli, sempre di Avs. Difende la premier il vice capogruppo di FdI, Alfredo Antoniozzi: «Meloni ha espresso una posizione del tutto legittima».
Meloni ieri ha anche commentato le parole di Sergio Mattarella su Gaza («Disumano ridurre alla fame un’intera popolazione») definendole «importanti e in linea con quello che ha già detto il governo». Ma la destra non ha mai criticato con la stessa durezza il suo alleato Netanhyau.
Fonte Domani
