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CronacaRassegna stampa

Cosa rischiano gli attivisti della Global Sumud Flotilla minacciati da Israele e come possono essere tutelati

Last updated: 05/09/2025 14:16
By Redazione 100 Views 10 Min Read
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Da quando la missione della Global Sumud Flotilla è iniziata e dopo le minacce da parte di Israele, si sono moltiplicate le richieste di protezione degli attivisti a bordo delle navi dirette a Gaza. Ma che cosa rischiano e come possono essere tutelati? Ce lo siamo fatti spiegare dal professor Triestino Mariniello,  docente di diritto penale internazionale alla John Moores University di Liverpool.

Da quando la missione della Global Sumud Flotilla è iniziata, si sono moltiplicate le richieste di protezione nei confronti degli attivisti saliti sulle imbarcazioni cariche di aiuti umanitari dirette a Gaza. Soprattutto dopo le ritorsioni minacciate dal governo israeliano, che ha avvertito che tratterà le persone a bordo al pari di terroristi. Sulle navi che partiranno da Catania il prossimo 7 settembre ci saranno anche quattro parlamentari ed europarlamentari italiani, tutti delle opposizioni, che nel frattempo hanno chiesto al governo italiano adeguate tutele. Meloni ha assicurato garanzie agli italiani a bordo anche se non ha chiarito come intende agire né ha respinto le minacce di Tel Aviv.

Ma quindi cosa rischiano gli attivisti che nelle prossime settimane cercheranno di rompere l’assedio a Gaza e che tipo di tutele diplomatiche possono essere applicate per garantirne la sicurezza? Ce lo siamo fatti spiegare dal professor Triestino Mariniello,  docente di diritto penale internazionale alla John Moores University di Liverpool.

Partiamo dall’inizio. In cosa consiste e come funziona il blocco navale imposto da Israele?

Israele non consente l’ingresso di alcuna imbarcazione nelle acque territoriali palestinesi perché, ben prima del 7 ottobre, dalla dalla vittoria delle elezioni da parte di Hamas Israele difatti controlla tutti i confini della striscia di Gaza: spazio aereo, confini di terra e le acque territoriali, quindi i confini marittimi della della Striscia di Gaza. Il blocco, così come l’intero sistema di occupazione di tutto il territorio palestinese, è illegale alla luce del diritto internazionale. Lo ha stabilito chiaramente la Corte internazionale di giustizia con la decisione del luglio del 2024. Quindi in questo contesto di occupazione illegale, qualsiasi iniziativa posta in essere dalle autorità israeliane viola il diritto internazionale. In altre parole non ci può essere alcuna motivazione, nemmeno di sicurezza nazionale per difendere un’occupazione che è illegale ai sensi del diritto internazionale.

Perché il blocco viene ancora applicato, anche se illegale, in un regime di sostanziale impunità?

Viene applicato perché Israele ignora qualsiasi principio di diritto internazionale quando si tratta del territorio palestinese. Non è l’unica violazione. La lista degli illeciti internazionali, tanto in Cisgiordania quanto nella Striscia di Gaza è lunghissima e avremmo bisogno di pagine e giorni per descriverle tutte. Viene applicato un regime di completa impunità perché quella è l’impunità che caratterizza l’operato delle autorità israeliane dalla nascita  dello Stato di Israele. La ragione probabilmente non è di origine giuridica, ma è politica perché quando si parla di Israele una lunga lista di Stati occidentali, in primis gli Stati Uniti, tendono a creare una sorta di “eccezionalismo giuridico”, cioè pongono Israele al di sopra della legalità internazionale.

Venendo alla missione della Global Sumud Flotilla: che pericoli corrono gli attivisti? Israele può attaccarli? 

Prima di tutto da un punto di vista del diritto internazionale, la risposta è no, per una serie di motivi. Uno Stato può intervenire, può intercettare un’imbarcazione nelle acque internazionali, dal punto di vista  del diritto umanitario internazionale, ma soltanto quando determinate condizioni si verificano. Ad esempio può intervenire quando c’è un rischio per la propria sicurezza nazionale, perché quell’imbarcazione costituisce una minaccia, ma non è assolutamente questo il caso. Per un motivo molto semplice, perché le imbarcazioni non sono indirizzate verso il territorio israeliano, ma verso quello palestinese. Per farla breve, soltanto la Palestina potrebbe intervenire e decidere se bloccare eventualmente delle imbarcazioni che puntano verso il proprio il proprio territorio. Israele non può anche alla luce di quello che che dicevamo prima, cioè perché interverrebbeper garantirsi una situazione sostanzialmente di illegalità, cioè per difendere un illecito ai sensi del diritto internazionale.

Il ministro degli Esteri Ben Gvir ha minacciato di farli arrestare come terroristi. Quali sono i rischi?

L’accusa di terrorismo viene utilizzata spesso, soprattutto nei confronti dei palestinesi. Quando le autorità israeliane utilizzano questa accusa nei confronti di altre persone, in genere di palestinesi, le conseguenze sono gravissime, perché utilizzare un linguaggio deumanizzante, etichettare delle persone come terroristi vuol dire porsi al di fuori della legalità internazionale o di qualsiasi sistema di protezione dei diritti umani. L’autorità israeliana utilizza l’accusa di terrorismo per derogare a qualsiasi riconoscimento di diritti fondamentali e umani nei confronti delle persone accusate. Ad esempio, la detenzione arbitraria è un rischio molto frequente anche per gli attivisti della Freedom Flotilla: in passato coloro che si sono rifiutati di riconoscere di essere entrati illegalmente nel territorio israeliano sono stati arbitrariamente arrestati. Lì il rischio ancora più grosso è quello di essere sottoposti ad atti che alla luce del diritto internazionale costituiscono tortura o atti inumani e degradanti. Non è un un dato nuovo. Nella stragrande maggioranza dei casi essere accusato di essere terrorista dalle autorità israeliane significa andare in corso molto probabilmente ad atti di tortura che sono vietati in modo assoluto dal diritto internazionale. Israele usa in modo sistematico e su larga scala, come ampiamente documentato da una lunga lista di organizzazioni internazionali, la tortura.

Come sono tutelati gli attivisti dal diritto internazionale?

Prima di tutto dall’ordinamento dei diritti umani, quindi non possono essere sottoposti a detenzione arbitraria, né ad alcuna forma di tortura o trattamenti inumani o degradanti. Le imbarcazioni sono tutelate ai sensi del diritto internazionale: non possono essere intercettate nelle acque internazionali, a meno che non si verifichi una delle condizioni previste dall’Onu, ma non è questo il caso. È assolutamente necessario che i Paesi di provenienza degli attivisti offrano ampio sostegno diplomatico agli attivisti in questione. Purtroppo, come abbiamo visto anche con l’ultimo attacco alla Freedom Flotilla, questo non è sempre avvenuto. Spesso i Paesi di provenienza, appunto, si sono disinteressati, anzi non hanno nemmeno condannato gli attacchi illegali nei confronti dei propri cittadini.

Davanti alle richieste delle opposizioni di garantire la sicurezza degli attivisti a bordo, il governo ha detto che attiverà le misure di tutela previste per i connazionali all’estero. L’Italia che tipo di protezione potrebbe attivare concretamente?

Le tutele sono quelle diplomatiche, che vuol dire intervento immediato nel caso in cui vi fosse un rischio anche remoto di violazione dei diritti umani nei confronti degli attivisti. Il mancato sostegno a livello diplomatico da parte dell’Italia, ma anche di altri Stati, è ancora più grave se la leggiamo all’interno di un contesto più ampio perché quello che la Freedom Flotilla sta facendo quello è in sostanza quello che dovrebbero fare gli Stati, ossia forzare il blocco. E spesso, come vediamo anche nel Mediterraneo, con il soccorso nei confronti dei richiedenti asilo, la società civile si sostituisce agli Stati laddove questi ultimi non intervengono. Intervenire per gli Stati, rompere l’assedio e porre fine al genocidio in corso non appartiene alla discrezionalità politica degli Stati, ma è un obbligo giuridico previsto dal diritto internazionale nonché dalla Convenzione sul genocidio. Quindi gli Stati non solo non stanno adempiendo ai propri obblighi giuridici a livello internazionale, ma non stanno offrendo alcuna forma di sostegno e protezione a coloro che invece si sostituiscono agli Stati stessi e cercano di fare quello dovrebbero fare loro.

Fonte fanpage.it a cura di Giulia Casula

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