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Sulla Flotilla si consuma lo strappo tra governo e Paese. Alla Camera Delia: “L’abbordaggio da parte di Israele? Sarebbe un atto di pirateria”

Last updated: 01/10/2025 18:49
By Redazione 131 Views 6 Min Read
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Delia accusa il governo di aver abbandonato la Flotilla: opposizioni e piazze chiedono protezione per i civili italiani in mare

Contents
Manovre notturne e la scelta dell’AlpinoLa diplomazia che chiede di consegnare altrovePiazze, scuole e porti: la pressione socialeSi precisa: la pubblicazione di un articolo e/o di un’intervista scritta o video in tutte le sezioni del giornale non significa necessariamente la condivisione parziale o integrale dei contenuti in esso espressi. Gli elaborati possono rappresentare pareri, interpretazioni e ricostruzioni storiche anche soggettive. Pertanto, le responsabilità delle dichiarazioni sono dell’autore e/o dell’intervistato che ci ha fornito il contenuto. L’intento della testata è quello di fare informazione a 360 gradi e di divulgare notizie di interesse pubblico. Naturalmente, sull’argomento trattato, caltanissetta401.it è a disposizione degli interessati e a pubblicare loro i comunicati o/e le repliche che ci invieranno. Infine, invitiamo i lettori ad approfondire sempre gli argomenti trattati, a consultare più fonti e lasciamo a ciascuno di loro la libertà d’interpretazione.                                                 

Roma, 1 ottobre. Alla Camera dei deputati la portavoce della Global Sumud Flotilla, Maria Elena Delia, ha messo in fila fatti e responsabilità davanti a sindacati, parlamentari e stampa. Ha ricordato che la rotta è in acque internazionali e che un eventuale abbordaggio «sarebbe un atto di pirateria». Poi l’affondo sul governo: «È surreale dire che un arresto illegale sarebbe per noi l’opzione migliore, purché vivi». È accaduto oggi, con la Flotilla in navigazione e gli equipaggi pronti a documentare ogni passo.

Manovre notturne e la scelta dell’Alpino

Nella notte le navi civili Alma e Sirius sono state da unità militari israeliane e costrette a una brusca manovra per evitare la collisione frontale: «Manovre pericolose e intimidatorie» ai danni di «civili disarmati da oltre 40 Paesi», ha denunciato la missione. È un passaggio chiave che fissa il contesto giuridico evocato dagli organizzatori. Sul fronte italiano, la fregata Alpino ha diramato «l’ultimo avviso»: non ha oltrepassato la linea delle 150 miglia dalla costa di Gaza. Tradotto: nel tratto decisivo l’unità italiana non c’è più e non accompagna la Flotilla nella zona a massimo rischio.

Da Copenaghen, intanto, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha bollato la missione come «iniziativa irresponsabile», sostenendo che, se fosse “solo umanitaria”, avrebbe accettato la consegna mediata degli aiuti. Dalla sala stampa della Camera, Delia ha replicato che «chi è a bordo ha già assunto la propria responsabilità» e che il segnale arrivato dall’esecutivo è quello di una legge «non più uguale per tutti».

La diplomazia che chiede di consegnare altrove

La nota congiunta dei ministri degli Esteri di Italia e Grecia chiede a Israele di «garantire la sicurezza e l’incolumità» dei partecipanti e invita gli attivisti ad «accettare la disponibilità del Patriarcato Latino di Gerusalemme» per la consegna degli aiuti. Nello stesso testo si accredita il “piano Trump” come «concreta possibilità» per chiudere il conflitto e si sollecita di evitare iniziative «strumentalizzabili». È la cornice che, nei fatti, spinge a spostare la destinazione degli aiuti e a sterilizzare l’obiettivo politico dichiarato dalla Flotilla: rompere l’assedio navale.

Diversa, per sfumature, la posizione spagnola: Madrid mantiene la nave Furor in «raggio operativo» per eventuali soccorsi e definisce «encomiabile e legittima» la missione, ma raccomanda di non entrare nella “zona di esclusione” fissata da Israele. Nel campo del diritto, la relatrice speciale Onu Francesca Albanese ha ribadito che intercettare la Flotilla in acque internazionali costituirebbe una violazione del diritto marittimo e internazionale.

Sul terreno politico interno lo scontro è frontale. Il senatore M5S Marco Croatti, imbarcato, ricorda il carico di «alimenti energetici per bambini – marmellate, biscotti, miele – ritenuti illegali da Israele»; per il Pd Alessandro Zan, se il governo «si tirerà indietro si renderà complice» di eventuali azioni dell’esercito israeliano. Da Avs è arrivata la richiesta di un sostegno politico chiaro agli attivisti italiani in mare. Dalla maggioranza, Fratelli d’Italia invita a «fermarsi», mentre nel dibattito entra anche un esposto dell’Istituto Friedman che evoca presunte “complicità”: un repertorio retorico che prova a delegittimare la componente civile della missione.

Piazze, scuole e porti: la pressione sociale

Oltre al Parlamento oggi si muove il Paese reale. Sui canali social circola l’invito: «Se attaccano la Flotilla, blocchiamo tutto», con presidio immediato al Colosseo e chiamata a sciopero generale il giorno successivo. A Napoli collettivi studenteschi annunciano cortei e rivendicano rallentamenti nei porti; da più città si organizzano pullman per la manifestazione nazionale del 4 ottobre a Roma. È la pressione di terra che accompagna le navi e chiede due cose elementari: proteggere cittadini italiani e osservare il diritto internazionale.

Il punto, oggi. La conferenza stampa alla Camera si è svolta e ha fissato le posizioni; in mare la Flotilla documenta manovre ostili e un quasi impatto in acque internazionali; la fregata Alpino non oltrepasserà le 150 miglia e quindi non accompagna più il tratto decisivo; Italia e Grecia chiedono garanzie a Israele e propongono la consegna al Patriarcato; la presidente del Consiglio parla di irresponsabilità; le opposizioni chiedono protezione per i connazionali a bordo; le piazze si preparano a scendere in strada. La cronaca è questa. Il resto – il senso politico – lo racconta una fotografia: in mare una flotta civile, a terra un Paese che discute se guardare, intervenire o voltarsi dall’altra parte.

Fonte LANOTIZIAGIORNALE.IT di Giulio Cavalli

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