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Dopo la morte di papa Francesco: come funziona il rito millenario del conclave

Last updated: 22/04/2025 6:33
By Redazione 197 Views 7 Min Read
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Dopo la morte di papa Francesco inizia la millenaria liturgia del conclave: il rito più segreto della Chiesa cattolica

Contents
Conclave: ieri come oggi?Chi sceglie il papa?Perché si chiama conclave?Chi tiene la chiave? Il ruolo del clavigeroA porte chiuseLimiti di età e di elettoriCome si vota oggi?Rituale arcaico

Il processo di elezione di un papa, il cosiddetto conclave, è rito molto antico, che si è evoluto nel corso dei millenni (i papi esistono da circa 2.000 anni). Una procedura complessa ricca di curiosità e perculiarità: ecco come funziona.

Conclave: ieri come oggi?

In origine a scegliere il successore di Pietro era l’intera comunità dei fedeli. Ma appena quella di pontefice divenne un’ambita carica politica l’elezione si trasformò in faida tra fazioni di candidati: nel 366 si contarono decine di morti tra i sostenitori di Ursino e quelli del futuro papa Damaso I.

A partire dal 1274 vennero ufficializzate nuove regole, fino a delinearsi la cerimonia nella forma attuale con l’elezione di papa Gregorio XII (1335-1417). Le regole di quel conclave sono rimaste più o meno in vigore fino a oggi (benché alleggerite nell’ultimo secolo): nessun contatto con l’esterno, pena la scomunica, vita comunitaria in un salone, un unico piatto sia a pranzo sia a cena e, dopo cinque giorni, solo pane, acqua e un po’ di vino.

Chi sceglie il papa?

Alla morte di papa Marco, nel 336, c’era già stato il tentativo di limitare gli elettori al clero a un gruppo ristretto. «Ma la forma attuale dell’elezione si delineò con Gregorio VII nell’XI secolo, fu lui a far scegliere il papa ai soli cardinali (come accade ancora oggi), per escludere l’influenza delle famiglie aristocratiche di Roma, stabilendo inoltre la maggioranza dei due terzi.

Perché si chiama conclave?

La clausura fu invece imposta ai cardinali riuniti a Viterbo (allora sede papale) nel 1270, dopo oltre un anno di sterili riunioni: gli elettori furono chiusi cum clave (da cui “conclave”) nel palazzo vescovile, dal quale il popolo sdegnato rimosse anche il tetto per spingerli a decidersi. Ci vollero, in tutto, 33 mesi per eleggere Gregorio X (1210-1276).

Chi tiene la chiave? Il ruolo del clavigero

Questo ambito ruolo deriva da quello del maresciallo di Santa Romana Chiesa, personaggio incaricato a partire dal XIII secolo di chiudere le porte di accesso alle stanze dei cardinali in occasione del conclave. Questo compito compete ancora al clavigero, che si assume la responsabilità di “sigillare” la Cappella Sistina, dove dal 1492 si svolge la votazione pontificia.

A porte chiuse

Solo nell’Ottocento venne introdotto il vincolo del segreto, applicato ancora oggi per tutelare la libertà dei cardinali rispetto a eventuali ingerenze politiche. Nel 1903, per esempio, l’inattesa elezione di Pio X fu dovuta a pressioni esterne: la corona austriaca si appellò a un diritto di veto, poi abolito, per bloccare il favorito cardinale Rampolla.

Limiti di età e di elettori

Paolo VI (eletto nel 1963) fissò a ottant’anni anni il limite d’età per entrare in conclave, per i più anziani, tuttavia, c’è la possibilità di far ancora pesare le loro opinioni nelle due riunioni quotidiane del Collegio cardinalizio al completo, che ha luogo nei 15 giorni d’attesa fra la morte del papa e l’apertura del conclave. Sempre Paolo VI fissò in 120 il numero massimo dei cardinali elettori e facilitò la scelta del nuovo pontefice ammettendo il ballottaggio, oppure la maggioranza semplice, dopo 30 scrutini senza risultato.

Come si vota oggi?

Si esegue “alla lettera” il manuale per il conclave emanato da papa Wojtyla (1920-2005). Giovanni Paolo II stabilì che l’elezione dovesse avere sempre luogo nella Cappella Sistina (come avviene dal 1878). Inoltre riconobbe come unica procedura valida l'”ordinario modo” cioè lo scrutinio, abolendo due metodi ancora formalmente in vigore: il “compromesso” (come a Viterbo) e la cosiddetta “ispirazione” (cioè l’acclamazione unanime “a viva voce” da parte dei cardinali).

Rituale arcaico

Quando il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie intima l’extra omnes (ovvero fuori tutti) all’esterno non trapela più nulla. Vengono distribuite le schede, sono rettangolari e ripiegabili in due: nella metà superiore recano la scritta Eligo in Summum Pontificem, in quella inferiore c’è lo spazio per scrivere il nome prescelto. Prima di deporre la scheda nell’urna, ogni cardinale pronuncia, ad alta voce, un giuramento: “Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto“. Poi depone la scheda nel piatto che copre l’urna e con lo stesso piatto la introduce nel recipiente. Durante lo spoglio il primo cardinale scrutatore prende la scheda, la apre, osserva il nome indicato e la passa passa al secondo scrutatore che, accertato a sua volta il nome la passa al terzo, il quale lo legge ad alta voce.

Nel momento in cui proclama il nome, lo scrutatore perfora la scheda con un ago nel punto esatto in cui si trova la parola Eligo e la inserisce con le altre in un filo: alla fine dello scrutinio i due capi del filo saranno stretti a formare un nodo. Si tratta di procedure arcaiche volte a garantire la più sicura conservazione delle schede e impedire manomissioni.

Fumata nera o bianca?

Una volta constata la mancata elezione del pontefice, la regola prescrive che l’intero materiale elettorale venga distrutto. Schede e fogli sono immessi in una vecchia stufa di ghisa e bruciati.

Dal comignolo montato sul tetto della Cappella Sistina esce una fumata nera e l’assenza del suono delle campane conferma che non si è ancora giunti a un accordo.

Sino al 1963 le fumate nere venivano ottenute bruciando anche paglia umida. Negli ultimi conclavi, invece, si è proceduto a inumidire le schede con materiale chimico.

Quando le votazioni, invece, raggiungono un esito positivo vengono bruciate soltanto le schede e il fumo è bianco. Il colore del fumo serve ad annunciare ai fedeli in attesa l’esito della votazione, dal momento che l’annuncio ufficiale avviene circa un’ora dopo l’elezione.

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