“Per evitare che altri sappiano, meglio evitare che si parli troppo“
La mafia, nell’immaginario collettivo, è spesso associata a sparatorie, estorsioni e omicidi, un’immagine che riflette una realtà, quella della “mafia della coppola”, quella che imponeva la sua legge con la forza bruta, “a lupara”, e la minaccia esplicita.
La mafia però è un’organizzazione che sa adattarsi ai tempi ed è in costante evoluzione, la sua forma attuale è ben diversa, più subdola, insidiosa e meno appariscente, non porta più la coppola, oggi veste in giacca e cravatta e frequenta il mondo della finanza, i palazzi del potere, quelli dove si fanno leggi, si decidono incarichi e poltrone, dove si costruiscono e distruggono carriere e persone, agevolandosi del potere e delle conoscenze che creano intrecciate relazioni, più o meno alla vista di tutti.
“La mafia non è una società di servizi che opera a favore della collettività, bensì un’associazione di mutuo soccorso che agisce a spese della società civile e a vantaggio solo dei suoi membri.” Questa frase, attribuita a Giovanni Falcone, rende l’immagine di come la mafia, in tutte le sue forme, non agisca per il bene comune, ma per il proprio profitto e dei suoi membri, sfruttando la fiducia e le paure inculcate nella società.
Usa metodi non violenti, ma non meno dannosi, non è più quella della “pietra in bocca” e, anche se mantiene sempre il sorriso sulla bocca e saluta educatamente, usa quel dire e non dire che crea un clima di soggezione e induce le persone perbene a temerne le conseguenze.
La paura inculcata è quella che serve a prevenire anche la semplice critica, la semplice osservazione, o il giudicare l’operato politico di chi si sente intoccabile, perché dire certe cose fa ragionare, apre le menti, mette a nudo le loro criticità e mancanze e, cose peggiore, rischia di scoperchiare pentole che loro vogliono mantenere ben sigillate.
Come i vecchi mafiosi, non vengono direttamente a dire “zittiti”, ma lo fanno sapere attraverso “amichevoli consigli” o semplicemente intuire. Consigli che, al di là della buona fede di coloro che li elargiscono, sempre che lo siano, suonano come veri e veri e propri ammonimenti o minacce velate.
Questa nuova forma di intimidazione si manifesta attraverso un linguaggio spesso non verbale, fatto di sguardi, silenzi carichi di significati e, insieme ad una fitta rete di relazioni, rendono difficile la vita al soggetto preso di mira.
È un sistema che si basa sulla “teoria del controllo”, sulla capacità di manipolare le percezioni dei fatti per far sorgere dubbi su quello che si dice di loro.
Il tutto si alimenta grazie al passaparola, al mettere in giro notizie false o denigratorie, per emarginare chi osa ai confini della società, per allontanargli amici e conoscenti, inculcando loro la sconvenienza nella frequentazione, insomma per isolare, minando anche credibilità e onestà, lasciando intendere che queste sono le conseguenze a cui si va incontro, conseguenze magari non fisiche, ma sul piano morale, sociale o professionale, che delle volte fanno più male e spingerebbero chiunque a fare un passo indietro, desistere o cambiare aria.
Un elemento cruciale che favorisce questa evoluzione è l’omertà, quella paura inculcata da chi vuole il silenzio, “nenti vitti e nenti sacciu”.
La paura di parlare del politico potente, perchè “pari mali”, di criticare le sue azioni o di denunciare possibili “anomalie”, è una delle manifestazioni più lampanti di questa nuova forma di controllo, agevolata da una rete di personaggi che da tutto ciò ne trae vantaggi.
Chi detiene posizioni di potere, anche se non obbligatoriamente legato alla criminalità organizzata, anche se spesso inchieste hanno dimostrato collegamenti o sostegni, può creare attorno a sé un alone di intoccabilità, alimentando un sistema di favori e connivenze che scoraggia qualsiasi forma di dissenso, privilegiando e favorendo solo chi al contrario ne tesse le lodi.
La conseguenza più grave di questa evoluzione è il silenzio assordante che avvolge buona parte della comunità, non condivisibile ma comprensibile.
Un silenzio imposto con quella paura anche di vedere compromesse le proprie opportunità lavorative e i rapporti sociali attuali e futuri.
Se poi da certi personaggio si è ottenuto qualcosa, un posto di lavoro, un trasferimento, un finanziamento etc.etc., il gioco è fatto. Si diventa ricattabili e di conseguenza quel favore diventa un modo per evitare che quella persona possa esprimersi liberamente.
Questo meccanismo di controllo sociale mina la base della democrazia, limitando il dibattito pubblico e soffocando il dissenso.
Se le persone hanno paura di esprimere una semplice opinione, una critica costruttiva o un’osservazione sull’operato di chi detiene il potere, la società e la democrazia intera ha perso.
Per cambiare veramente questa terra, per liberarla da queste catene, più o meno invisibili, è indispensabile mantenere il “coraggio della parola”, avere cioè la forza di esprimere il proprio pensiero e il proprio dissenso, denunciando il tutto, pubblicamente e, se è il caso anche nelle sedi opportune, per poter essere liberi di criticare apertamente chi agisce nell’ombra o chi abusa del proprio potere, senza lasciarsi intimorire.
Ma questo coraggio può fiorire solo se si è liberi, non certo collusi, perchè la libertà non è solo un diritto, è una condizione necessaria.
Essere liberi significa non avere legami che possano condizionare le proprie scelte o la propria espressione, significa non essere coinvolti in reti di favori, di compromessi o di silenzi condivisi che, anche involontariamente, possono rafforzare il potere.
La collusione, anche solo per quieto vivere o per paura di ritorsioni, diventa il terreno fertile su cui prosperano queste nuove forme di controllo.
Combattere questa nuova forma di “mafia” significa quindi non solo perseguire i reati più gravi, ma anche smantellare questa “cultura del silenzio e della paura“, l’omertà verso il potere politico.
È necessario non solo non lasciarsi intimorire, bisogna anche incoraggiare e stimolare la libertà di espressione, promuovere la trasparenza e sostenere chi, con coraggio e senza compromessi, decide di alzare la voce.
Solo così si potrà arginare l’influenza di chi, con metodi sottili ma altrettanto efficaci, continua a imporre la propria volontà e a soffocare il dibattito civile e democratico, a scapito della collettività, agevolando solo se stesso, la sua sete di potere e la sua carriera politica, elargendo piccole mancette a chi non osa dissentire e si mostra servile.
La lotta alla mafia, oggi più che mai, passa anche attraverso il rafforzamento nella fiducia della politica, ovviamente quella sana e trasparente, ma anche nelle istituzioni, avendo il coraggio di denunciare minacce e tentativi vari di imbavagliamento, il tutto per favorire la promozione di una cittadinanza attiva e consapevole, libera di poter esprimersi liberamente senza che questo gli comporti conseguenze.
Ma la mafia dai colletti bianchi preferisce la frase..“Per evitare che altri sappiano, meglio evitare che si parli troppo“. Ad Maiora
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