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Il presidente dell’Ars dai “giudici” del partito: sono vittima dei media. Il deputato catanese esce dal gruppo e minaccia di lasciare la Camera

Last updated: 01/08/2025 13:59
By Redazione 192 Views 7 Min Read
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Il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, ieri mattina, si è presentato di fronte ai probiviri di
Fratelli d’Italia per raccontare la propria verità sull’inchiesta che lo riguarda.

Poche ore dopo, con una nota durissima e dai contenuti a tratti sorprendenti, Manlio Messina, deputato ed ex assessore regionale al Turismo, uno dei big meloniani di Sicilia, ha lasciato il partito
e non ha escluso la clamorosa ipotesi di dimettersi dal parlamento nazionale.

Ore caldissime, dalle parti di via della Scrofa, con la Sicilia al centro dei discorsi. Oltre a Galvagno, infatti, ieri di fronte alla Commissione di garanzia di Fdi era attesa anche Elvira Amata, attuale assessora regionale al Turismo che si è presentata ma ha però chiesto di rimandare il chiarimento, precisando di avere tempestivamente informato i probiviri della conclusione dell’indagine a suo carico. Ieri, spiega Amata, «Per un verso, ma senza entrare nel merito procedimentale, ho fermamente ribadito la mia assoluta estraneità agli addebiti ipotizzati ma, al contempo, per evidenti ragioni di opportunità e di rispetto nei confronti della magistratura inquirente, ho chiesto di posticipare la mia audizione – ha aggiunto – ad un momento successivo all’espletamento del già richiesto interrogatorio innanzi alla autorità giudiziaria procedente».

Un confronto molto serrato, invece, quello tra i componenti della commissione e il presidente dell’Ars
al quale sarebbero state chieste spiegazioni su diversi fatti oggetto dell’indagine della procura
palermitana, al di là della rilevanza penale di questi comportamenti.

Un incontro dal quale Galvagno è uscito manifestando serenità e ottimismo, sebbene accenni a «un
confronto puntuale e rigoroso», nel corso del quale il presidente dell’Ars è stato affiancato dagli avvocati Ninni Reina ed Antonia Lo Presti. «Ho esposto – ha raccontato i fatti oggetto degli approfondimenti investigativi, compresi quelli sulle presunte utilità personali che la stessa procura di Palermo ha ritenuto di non sussistere, tanto da farli decadere.

Da protagonista principale, della mia vita pubblica e privata ho raccontato ogni verità senza tralasciare alcun dettaglio».

Poi Galvagno ha puntato il dito contro «una campagna mediatica che ha cercato, in maniera sistemica, di nuocere non solo a me, ma anche all’immagine del mio partito, questione che mi ha moltoaddolorato».

Sull’accusa di peculato «ho già dimostrato – ha detto -come eventualmente sia stato interpretato sino ad oggi il regolamento ed ho ribadito la necessità di redigerne uno nuovo che possa essere chiaro e non equivocato in futuro, un’iniziativa che è già oggetto di esame da parte degli uffici dell’Ars».

Galvagno, infine, ha parlato di FdI come «la casa politica in cui mi sono sempre riconosciuto e che, proprio attraverso istituzioni come il collegio dei probiviri, si conferma essere il partito serio che oggi governa con merito la nostraNazione».

Poche ore dopo, però, ecco la scossa più forte: «Comunico – ha detto Manlio Messina – la mia decisione di lasciare il partito Fratelli d’Italia e di rassegnare le dimissioni dal gruppo parlamentare. Nonaderirò ad altri partiti – ha aggiunto né ora né in futuro. Nei prossimi giorni valuterò con senso di responsabilità se proseguire il mio mandato parlamentare, continuando a sostenere il presidente
Giorgia Meloni e il suo governo, oppure se concludere anticipatamente questa esperienza, lasciando anche il ruolo da deputato».

Una dichiarazione clamorosa, arrivata a poche ore dall’audizione degli altri meloniani di Sicilia di fronte ai probiviri.

Non a caso, fonti interne di Fratelli d’Italia, parlano di un nesso con quanto emerso dalle audizioni.

La possibilità, cioè, che il faro dei “giudici” del partito abbia provato a far luce non tanto e non solo sui comportamenti del presidente dell’Ars, quanto sul “caso Sicilia”, composto in realtà da diverse
vicende anche politiche, come quella relativa alla partecipazione della Regione siciliana al Festival
di Cannes.

Un legame, quello tra la decisione di Messina e l’audizione dei probiviri smentito però da fonti vicine al deputato.

Si racconta semmai di un piccolo caso catanese, cioè una querelle sulla guida del quarto municipio: la miccia per dare fuoco a polveri pronte già da un po’.

A marzo, Messina si era già dimesso dal ruolo di vice capogruppo alla Camera dei deputati.

Erano giorni caldissimi anche quelli, per Fdi, coincidenti con l’emersione del “caso Auteri”, cioè delle
inchieste giornalistiche e poi della magistratura, sui contributi dell’Ars finiti ad associazioni direttamente o indirettamente riconducibili al deputato regionale del Siracusano, politicamente vicino a Messina.

Già in quei giorni si erano diffuse voci su un possibile strappo dell’allora vice capogruppo meloniano
col partito.

Arrivò comunque un passo indietro dalla carica di numero due alla Camera: «Ho deciso di dare un segnale importante a tutta la classe dirigente nella speranza che si possa trovare finalmente
unità di intenti», disse in quei giorni, prima del proprio “in bocca al lupo” a Luca Sbardella,
nominato lo stesso giorno commissario di Fdi in Sicilia.

Un commissario che, nelle ore precedenti all’addio di Messina, ha avuto un confronto molto acceso con l’ormai ex deputato di Fdi. Al centro, il “caso Sicilia”.

Da laRepubblicaPalermo di Accursio Sabella

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