C’è un’antica saggezza popolare che dice: “I nodi, prima o poi, vengono al pettine”
Questa frase ci ricorda che, prima o poi, arriva il momento della verità, quando ciò che è stato nascosto viene a galla e dobbiamo affrontare le conseguenze delle nostre azioni, sia nella vita privata che in quella pubblica.
Questo concetto non riguarda solo la vita privata, ma anche il complicato mondo della politica.
Nella vita di tutti i giorni custodiamo segreti con grande attenzione. Spesso si tratta di confidenze ricevute, nati da legami di fiducia o di situazioni di cui siamo venuti a conoscenza, nel mondo del lavoro o altrove.
Mantenere questi segreti, anche quando le relazioni si deteriorano o la fiducia viene tradita, è un gesto di integrità morale e di rispetto. In alcuni casi, il silenzio, soprattutto nel privato, andrebbe sempre preservato.
Tuttavia, quando il desiderio di vendetta si fa sentire, la tentazione di rivelare ciò che si sa diventa irresistibile.
Quello che un tempo era un segreto protetto dalla lealtà può trasformarsi in un’arma da usare contro chi ci ha ferito, non capendo che con questo comportamento si perde la fiducia di tanti che lo vedono come inaffidabile, pronto a rilevare delle cose, alcune anche personali, pur di vendicarsi, senza tra le altre cose ottenerne un vantaggio.
Anche se può sembrare un modo per liberarsi, questa azione, guidata dall’ira, è spesso un tentativo di ottenere una vittoria morale, ma non rende giustizia a chi la compie.
In politica, questo fenomeno è ancora più comune. Qui, alleanze e posizioni di potere si basano spesso su accordi taciti e su una complicità che unisce i membri di un sistema che di segreti ne ha molti ed alcuni veramente inenarrabili.
Le “magagne” e le irregolarità rimangono nascoste finché tutti stanno bene insiene e soiprattutto quando ne traggono vantaggio.
Ma quando un politico viene estromesso, perde il suo ruolo, cambia corrente o partito, il silenzio, che un tempo garantiva appartenenza, si rompe, e così, il desiderio di vendetta si manifesta attraverso la rivelazione di segreti scottanti.
Ciò che prima era tenuto nascosto per opportunismo diventa improvvisamente un atto di “responsabilità morale” verso i cittadini.
Il politico “tradito” si erge a paladino della giustizia, denunciando il sistema di cui fino a poco prima faceva parte. Viene “folgorato dalla redenzione”, che casualmente lo colpisce giusto quando esce dalle stanze del potere, peccato che fino al giorno prima banchettava con loro serenemente mostranto anzi un atteggiamento di supponenza.
Ma questa non è una conversione, è piuttosto un regolamento di conti, un modo per “togliersi qualche sassolino dalla scarpa”.
Ma sebbene queste rivelazioni possano far emergere verità che i cittadini hanno il diritto di conoscere, la motivazione principale non è l’etica o il senso civico, ma piuttosto la vendetta, il desiderio di colpire chi ti ha escluso.
Se veramente ci si è “pentiti” in preda magari ad una “crisi mistica”, si denunciao alle autorità competenti, in caso contrio rimangono gossip e un voler mettersi in mostra e nient’altro, anche se certe denunce, sempre che ci siano stati reati di varia natura ci siano stati, andava fatto appena se ne veniva a conoscenza.
E anche se i nodi vengono al pettine e la verità si fa strada, dobbiamo essere consapevoli che chi la rivela non è diventato all’improvviso un “santo”, ma è una persona che, fino a poco tempo fa, era complice del sistema che ora attacca e minaccia rivelazioni.
Questo ci ricorda che la verità o la giustizia non sono sempre guidate dalle migliori intenzioni, spesso, sono una reazione a un torto subito non un vero sentimento.
E mentre possiamo apprezzare che la verità venga a galla, non dovremmo mai confondere l’atto di svelare un segreto con una virtù.
I nodi che si sciolgono servono a far emergere la realtà, non a santificare chi li risolve. Ad Maiora
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