La condanna dell’Ue: “Così lo Stato ebraico viola il diritto internazionale”
Sono oltre tremila case autorizzate dal governo di Natanyahu per cancellare definitivamente
il sogno dello Stato palestinese.
Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ieri, con una cartina in mano, ha annunciato nuovi piani per costruire nella cosiddetta zona E1 tra Gerusalemme e Maale Adumin, nell’insediamento dove vivono circa 37 mila persone.
“L’approvazione dei piani di costruzione di case per i coloni nell’E1 seppellisce l’idea di uno Stato palestinese e rafforza i numerosi passi per estendere la nostra sovranità”, ha dichiarato Smotrich, riferimendosi al suo progetto di arrivare all’annessione della Cisgiordania.
Per decenni, la pressione internazionale ha evitato che Israele procedesse con il piano di costruire sull’E1, dove attualmente vivono soprattutto comunità seminomadi di beduini.
Se adesso il progetto sarà completato, taglierà la Cisgiordania in due, segnando il tramonto
della possibilità di sviluppare un’area metropolitana palestinese che colleghi Gerusalemme Est a
Betlemme e Ramallah.
Smotrich ha precisato che la mossa arriva anche in risposta alle dichiarazioni di numerosi Paesi occidentali che nelle ultime settimane hanno annunciato il riconoscimento dello Stato palestinese.
“Queste nazioni riceveranno la nostra risposta sul campo”, queste le parole del ministro dell’ultradestra, che ha assicurato avere l’appoggio del premier Netanyahu.
L’annuncio è stato condannato da Onu, Egitto, Qatar, e Unione Europea, ma non dagli Usa. Anche se
il presidente Trump si è detto “favorevole all’ingresso dei giornalisti a Gaza”.
“La decisione delle autorità israeliane di portare avanti il piano di insediamento indebolisce ulteriormente la soluzione dei due Stati e viola il diritto internazionale”, ha affermato l’alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas, esortando il governo a desistere.
A Doha, i mediatori, e in particolare Egitto e Qatar, proseguono nello sforzo di riallacciare le trattative per un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi rapiti il 7 ottobre.
Il canale televisivo saudita Al Arabiya ha riferito la proposta di una pausa umanitaria di 48 ore,
che sarebbe stata respinta da Israele, mentre Hamas continuerebbe a richiedere che lo Stato ebraico accetti per iscritto di mettere fine alla guerra in modo permanente e rinunci ad ogni piano di occupazione di Gaza.
Proprio nella capitale emiratina si è recato ieri anche il capo del Mossad David Barnea, che però, secondo i media israeliani, avrebbe semplicemente ribadito al primo ministro al-Thani che “Gerusalemme non sta bluffando riguardo all’escalation per prendere il controllo di Gaza City” e che “la possibilità di un accordo parziale è tramontata”…”Israele prenderà in considerazione solo
un’intesa che finalizzi il disarmo definitivo di Hamas”.
Secondo il ministero della Sanità di Gaza controllato da Hamas, sono state 50 le vittime dell’ultima giornata di guerra, di cui due per malnutrizione, mentre circa 100 Ong hanno denunciato come le condizioni imposte dall’esercito israeliano per distribuire aiuti umanitari nella Striscia abbiano reso eccessivamente gravoso il procedimento e impedito a molti gruppi di operare.
Israele accusa le Ong che rifiutano la procedura di registrazione di voler nascondere legami
con Hamas. Mentre l’ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) ha comunicato
che nel mese di luglio sono stati 13mila i bambini ricoverati a Gaza a causa di malnutrizione acuta.
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