Siamo veramente diventati indifferenti a tutto?
L’atteggiamento di indifferenza ci porta a non indignarci più per niente, quando ci negano nostri diritti, quando ci tolgono i soldi dalle tasche, quando fanno quel che vogliono, quando per affermare il loro “potere” scadono finanche nel ridicolo o clownesco.
Criticare è diventato un qualcosa che si paga a caro prezzo, molti infatti evitano questo “lusso” ma in alcuni casi le critiche, soprattutto quando meritate, sono “scontate” e molti non si lasciano intimorire.
“Se un clown si trasferisce in un palazzo, non diventa il Re, è il palazzo che diventa un circo”. Antico proverbio turco.
Questo proverbio attribuito alla saggezza dei turchi di Costantinopoli, che di Re ne avevano visti passare, molti e forse anche qualche clown, ci induce a riflettere.
Probabilmente qualcuno pensa che, essendo mutati i tempi anche certe tradizioni vanno mutate.
Vero è che i nostri costumi, le nostre abitudini, il nostro modo di ragionare e vivere è cambiato e pure di molto, spesso senza che noi stessi ne avessimo il controllo, ma ci sono cose che devono rimanere come sono sempre state, perchè toccano il cuore e la sensibilità delle persone, e il cambiarle è anche un offendere chi si è speso negli anni per mantenere ferme e salde le tradizioni.
E il Palazzo, specchio di quello che siamo, si è adeguato da tempo.
Non che bisogna rimanere fermi, ma certe cose hanno un proprio recinto che non va oltrepassato.
Oggi si deve giustificare tutto in virtù dell’innovazione ed è un peccato che molti dimenticano o fanno finta quando non si giustificò, anzi si criticò, parlando di mancanza di rispetto verso la processione e la tradizione, quando un politico, seguiva la processione con un abbigliamento non consono, secondo i critici di allora, e uno zainetto sulle spalle.
Galateo istituzionale e rispetto era chiamato, ma ormai è una vuota definizione se non è accompagnata dalla disciplina nell’esercizio del ruolo e nello svolgimento delle funzioni che nessuno insegna ma si trova nell’esempio degli altri.
E questo ci riporta al proverbio turco.
Il clown figura principe della parodia, erede di quel giullare medievale intrattenitore di Corte, è colui che prima si indignava mentre oggi giustifica una situazione grottesca.
Se costui entra in un palazzo pian pianino diventa il Re, specialmente se il palazzo lo lascia fare e tutto diventa uno spettacolo.
E già. Il costume è cambiato dai tempi dei turchi di Costantinopoli, i quali avevano una loro etichetta di Corte, suppur rigida, per cui il palazzo era il Palazzo del Re, centro di governo e di autorità e serietà.
Ma noi da tempo ormai assistiamo ad un costume diverso dove lazzi, schiamazzi, grida e gesticolazioni sfrenate, sono diventati tanto comuni che ne stiamo diventando indifferenti.
L’indifferenza al Palazzo ci ha portato alla non indignazione quando il costume diventa ridicolo, clownesco, perché ormai ci sono sconosciuti anche i più semplici strumenti della riprovazione.
Assistiamo annoiati all’ennesimo esempio di clowneschi comportamenti e molti lo accettano non perchè ne siano convinti, ma perchè i clown sono i propri “amici” ai quali dire che hanno sbagliato “pari mali” o proprio non si può, per evitare di correre il rischio di perdere qualche “legume”.
Se proprio bisogna adeguarsi ai tempi, innovandosi, vien da chiedere perché non si consente allora alle tante parrucchiere, alle fornaie, alle pasticcere, alle tappezziere di sfilare nella Maestranza?
Questa si che sarebbe un’innovazione, un mettersi al passo con i tempi.
Ma probabilmente per una mentalità ancora maschilista e legata alle tradizione, in questo caso da salvaguardare, questo sarebbe troppo innovativo, quindi meglio l’inno e i coriandoli, che francamente con la tradizioni però non ci azzeccano nulla e sanno da festa allo stadio.
Avanti quindi con le innovazioni
Vedremo se il prossimo anno si avrà il coraggio di innovare ancora, accettando di far entrare anche le donne, ma forse è chiedere troppo, meglio un bel inno patriottico e coriandoli che mettersi al passo con i tempi.
Bisogna decidersi se ci va di ridere, se ci piace il circo o se ci convenga rapidamente uscire all’aperto fuori dal tendone.
Ad Maiora
