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Sulle cure lo Stato si ritira e lascia spazio alle assicurazioni. Lega&C. scaricano i malati non autosufficienti

Last updated: 08/04/2025 5:43
By Redazione 131 Views 9 Min Read
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Sanità, Lega&C. scaricano i malati non autosufficienti

Come si riduce il Servizio Sanitario Nazionale, in Senato un emendamento del Carroccio farà pagare
ai Comuni e alle famiglie i costi socio-assistenziali dei pazienti gravissimi.

In Senato Lega e Fratelli d’Italia sono riusciti nell’impresa: tagliare il bilancio sanitario lasciando fuori qualcuno, i più gravi.

L’ultima parola spetta al governo, ma se andasse in porto per il Servizio sanitario nazionale sarebbe
un pessimo precedente.

A Palazzo Madama è in corso uno scontro sul tentativo di tagliare l’assistenza ai non autosufficienti,
mascherato da emendamento a una norma su argomenti contigui.

Si tratta del ddl 1241 sulle “Misure di garanzia per l’erogazione delle prestazioni sanitarie”, fermo in commissione Bilancio in attesa di una relazione tecnica del governo su alcuni emendamenti.

Come quello con cui la senatrice leghista Maria Cristina Cantù, sostenuta da Fdi, ha ottenuto
di inserire una modifica all’articolo 30 della legge 730 del 1983 per separare le spese per le prestazioni sanitarie da quelle socio-assistenziali, anche quando sono strettamente connesse come
avviene nella non autosufficienza, in modo che restino a carico del fondo sanitario nazionale solo le
prime.

Si tratta di servizi di cura alla persona come la nutrizione del paziente con il sondino, la mobilizzazione di malati neurologicamente compromessi o l’igiene di persone allettate con piaghe.

Situazioni nelle quali è molto difficile capire dove finisce il sanitario e inizia il socio-assistenziale.

Tanto che i livelli essenziali di assistenza, invece di una separazione delle due categorie voce per voce, prevedono delle spartizioni forfettarie dei costi.

Per esempio per gli anziani lungodegenti non autosufficienti dividono la retta a metà tra il Servizio Sanitario e il paziente (o il Comune, se il paziente non ce la fa).

In alcuni casi specifici, in cui la gravità è tale che tutte le prestazioni svolte per il paziente sono nella sostanza sanitarie, la quota a carico del paziente (o del Comune) si azzera.

L’alternativa

“LONG TERM CARE” La spesa pubblica per gli ultra 65enni si riduce dal 2020. Ai pazienti restano le polizze, ma a costi insostenibili

In un Paese che viaggia spedito verso l’invecchiamento, nel quale soltanto tra gli ultrasessantacinquenni ci sono più di 4 milioni di non autosufficienti, è facile immaginare chi ci può guadagnare da una riduzione del peso dello Stato nel socio sanitario: le assicurazioni che da tempo cercano di far decollare le loro polizze “Long Term Care”.

“Non è un caso che la norma in gestazione parta da una richiesta delle Rsa che perdono le cause con i pazienti e le loro famiglie, ai quali devono restituire i soldi.

Il problema è che queste Rsa invece di aprire una vertenza con lo Stato e le Regioni sulle rette e gli accordi di convenzione, hanno spinto un’iniziativa che ricade in qualche modo sulle famiglie”, spiega Vittorio Agnoletto, medico, attivista e docente universitario.

Dei ricorsi lombardi arrivati in Cassazione, gli ultimi riguardano somme reclamate dalle strutture che vanno da 10mila a 55mila euro, oltre interessi e spese legali in tre gradi di giudizio.

Secondo Agnoletto, “chi ci perderebbe con la nuova norma è chiarissimo, mentre chi ci guadagna, nel senso che spenderebbe meno non coprendo la spesa sociale delle persone ricoverate in Rsa in gravi condizioni, è in prospettiva lo Stato.

Agnoletto: “Le Rsa si mettono al riparo, invece potevano aprire una vertenza con Stato e Regioni
su rette e convenzioni”

Poi la norma nell’immediato mette al riparo le Rsa da cause che vengono vinte da persone in condizioni di patologia estremamente grave, perché tutta la retta andrebbe pagata dal Servizio sanitario”.

Più dell’80% delle Rsa in Italia è privato convenzionato e “lo Stato ha da tempo deciso di non gestire questo tipo di problematiche dell’età avanzata, perché il pubblico non gestisce il servizio direttamente”.

Non solo: a quanto pare l’Italia ha da tempo iniziato a risparmiare sulla spesa per la non autosufficienza.

Secondo il 7° Rapporto Osservatorio Long Term Care (Ltc) del Cergas Bocconi, pubblicato nei giorni scorsi, la spesa pubblica complessiva per l’assistenza ai malati non autosufficienti è stata di circa 33 miliardi di euro nel 2023, l’1,6% del Pil.

L’81% rappresenta la componente sanitaria della spesa e le indennità di accompagnamento, mentre il restante 19% sono le altre prestazioni assistenziali. Infine, la quota erogata agli ultra 65enni è il 74,1%, cioè circa 25 miliardi.

Ebbene, “osservando il trend dal 2018 al 2023 si rileva come la spesa in rapporto al Pil abbia un andamento altalenante ma mostri, a partire dal 2020 in poi, un importante trend di contrazione che deve essere considerato anche rispetto alla differenza tra valori nominali e reali –si legge nel rapporto, che cita dati della Ragioneria dello Stato – Non solo si riduce la percentuale in rapporto al Pil, ma anche il Pil si riduce negli anni e aumenta l’inflazione, con l’effetto che la spesa pubblica Ltc reale per cittadini ultra 65enni sia in un trend di importante riduzione”.

In questo contesto le assicurazioni si candidano spesso e volentieri a guadagnare spazi liberati dallo Stato. Lo sa bene la lobby delle compagnie, l’Ania, il cui presidente Giovanni Liverani nel suo intervento al recente convegno su “Invecchiamento della popolazione: quanta protezione nel risparmio assicurativo?”, ha sottolineato come “in un contesto in cui la protezione contro la non autosufficienza è assai poco diffusa, le polizze Long Term Care possono rappresentare una soluzione sostenibile ed efficace”.

Questi prodotti al momento rappresentano una piccolissima fetta di mercato per le compagnie (nel 2023 i premi totali delle polizze Ltc vendute in Italia rappresentavano meno dell ’1% del totale raccolto dalle assicurazioni nel ramo malattia) e quindi hanno ampi margini di crescita. Tanto più che dopo una forte contrazione negli anni del Covid, nel 2022 hanno rincominciato a crescere.

Tuttavia, a meno di non aver sottoscritto una polizza in tenera età, è difficile immaginare un prodotto che possa tutelare completamente la quota assistenziale di una persona non autosufficiente che si trova ricoverata in Rsa: il fabbisogno medio è di 18.000 euro l’anno per un ricovero che nel caso degli anziani dura tra 1 e 3 anni, quindi parliamo di un rischio per la compagnia da quasi 60mila euro a persona. Gestibile a buon prezzo solo se le polizze venissero vendute in massa.

Andando a inserirsi integralmente nel mercato delle Rsa che già adesso sono delle strane creature dove si incontrano grandi investimenti immobiliari prevalentemente di emanazione straniera, cooperative sociali e pseudo tali, piccoli e grandi privati indipendenti, oltre al no profit laico e sempre meno religioso. E il pubblico in ritirata.

4 milioni è il numero degli ultrasessantacinquenni italiani che non sono autosufficienti

33 miliardi l’ammontare della spesa pubblica per l’assistenza ai non autosufficienti nel 2023, l’1,6% del Pil L’81% rappresenta la componente sanitaria della spesa e le indennità di accompagnamento

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