Con questo articolo abbiamo cercato di riassumere tutto quello che che c’è da sapere sulla normativa relativa all’obbligo di risposta a un messaggio di posta elettronica certificata (Pec)
Rispondere ai cittadini e aggiornarli sullo stato delle loro segnalazioni non è un vezzo, ma un dovere.
In molti Comuni gli operatori lo fanno egregiamente e con tempestività, in altri, purtroppo, ciò non accade, ma sicuramente, se non succede, non è sicuramente colpa o mancanza di volontà dell’impiegato di turno, ma probabilmente per carenza di tempo o per direttive ricevute, che provengono dai diretti superiori.
La politica a tutti i livelli, che alla fine comanda e agisce, dovrebbe trasformare i cittadini in alleati, non dimenticando sia che i loro stipendi vengono pagati dai cittadini, ma anche che se sono stati eletti per difenderli e proteggerli, non per ignorandoli e in alcuni casi vessarli.
Colui/colei che ha segnalato il problema potrebbe attribuire al silenzio qualunque significato. Di solito questo silenzio è vissuto come un sintomo di disinteresse dell’Amministrazione nei confronti delle esigenze della cittadinanza.
Ma andiamo alla Pec e partiamo dal finale dell’articolo, che consigliamo di leggere per intero.
Gli unici soggetti obbligati a rispondere alle PEC sono le PA e altri enti pubblici quando interrogati per richiedere particolari informazioni o autorizzazioni come l’accesso agli atti.
Il particolare status delle PEC che le distingue dalle semplici e-mail, ovvero il loro valore legale equivalente alle raccomandate con ricevuta di ritorno, fa sì che i possessori di questo servizio si chiedano spesso se, in caso ricevano una comunicazione che richiede una risposta, debbano necessariamente fornire un riscontro.
Cosa dice la legge italiana in merito? È obbligatorio rispondere alle PEC o, al contrario, è possibile ignorarle?
Questa la normativa italiana in merito all’obbligo di risposta a una PEC
Il diritto italiano non impone ai privati l’obbligo di rispondere a comunicazioni come PEC, raccomandate o altri tipi di corrispondenza. Tuttavia, ci sono alcune eccezioni a questa regola. La scelta se inviare, o meno, un riscontro a un messaggio di posta elettronica certificata è sempre facoltativa, in ogni situazione.
Per altri tipi di utenti, ovvero non privati, invece, possono esserci delle eccezioni.
La Pubblica Amministrazione è obbligata a rispondere entro 30 giorni a richieste di accesso agli atti, come l’accesso documentale, l’accesso civico o l’accesso generalizzato.
E se l’amministrazione non risponde e continua ad ignorarci?
Proprio questo è il diritto più importante del cittadino: la pubblica amministrazione non lo può ignorare. Deve per forza rispondergli. In modo positivo, o negandogli quello che chiede, ma deve rispondergli. Perchè così poi il cittadino può ricorrere al TAR se ritiene illegittima la risposta e chiedere l’annullamento dell’atto. Inoltre l’amministrazione deve rispondere al cittadino entro 30 giorni dalla domanda, se non ha stabilito con regolamento un termine diverso.
Inoltre, alcuni statuti comunali prevedono che l’ente pubblico debba rispondere per iscritto a ogni istanza avanzata dai cittadini.
Però quanto detto vale se il cittadino ha correttamente inoltrato una istanza o richiesta tramite Pec
Nonostante questo obbligo, però, c’è sempre la possibilità che il cittadino non riceva una risposta.
Per evitare questa possibilità si consiglia, nelle comunicazioni via PEC con la Pubblica Amministrazione che richiedono un riscontro, di inviare il messaggio certificato aggiungendo nel corpo del testo la seguente dicitura “Ai sensi e per gli effetti della legge 241/1990 lo scrivente richiede una risposta scritta alla presente istanza e segnala fin d’ora che non terrà conto di eventuali risposte telefoniche o verbali“ tenendo a mente che, per legge, la PA ha un massimo di 90 giorni per dare una risposta ufficiale.
La Pubblica Amministrazione non risponde?
Forse non tutti sanno che quando una amministrazione non risponde alle nostre richieste, insomma non possono ignorarla. La legge predispone dei rimedi efficaci per questa situazione, e sono anche piuttosto veloci. Proviamo a capire insieme di cosa si tratta in questo articolo.
Cosa dice la normativa con la legge n.241/1990?
Ricordiamo che lo scudo del cittadino è la Legge n. 241/1990, cioè la legge sul procedimento amministrativo. Questa legge fondamentale regola il modo in cui la pubblica amministrazione deve operare. Infatti l’art.1 precisa che l’azione amministrativa deve rispettare i principi di economicità, efficienza, trasparenza ed imparzialità. Inoltre si esprime con il procedimento, ossia una precisa sequenza di azioni prevista dalla legge che termina nel provvedimento finale, cioè la decisione.
Infatti l’altro principio cardine è quello indicato all’art. 2: la PA deve sempre concludere il procedimento con un provvedimento espresso, tranne nei casi in cui la legge dispone che anche il silenzio valga come provvedimento. È il caso del cosiddetto “silenzio assenso“, ma non ne parleremo oggi.
E se l’amministrazione non risponde e continua ad ignorarci?
Proprio questo è il diritto più importante del cittadino: la pubblica amministrazione non lo può ignorare. Deve per forza rispondergli. In modo positivo, o negandogli quello che chiede, ma deve rispondergli. Perchè così poi il cittadino può ricorrere al TAR se ritiene illegittima la risposta e chiedere l’annullamento dell’atto. Inoltre l’amministrazione deve rispondere al cittadino entro 30 giorni dalla domanda, se non ha stabilito con regolamento un termine diverso.
Però quanto detto vale se il cittadino ha correttamente inoltrato una istanza o richiesta. Il modo più semplice è con l’invio di una Pec.
Possibili conseguenze della mancata risposta a una PEC
Quanto detto fino a questo momento, però, non significa che la mancata risposta a una PEC sia priva di conseguenze: d’altronde questo sistema di comunicazione è equivalente dal punto di vista legale a una raccomandata con ricevuta di ritorno e, pertanto, valgono le stesse dinamiche legate a quest’ultimo metodo di corrispondenza cartacea.
Il problema dell’esaurimento di spazio nella casella di posta elettronica certificata (e come risolverlo gratuitamente con SuperPEC)
In questo caso, il titolare di una PEC non ha più la possibilità di ricevere messaggi in entrata e, tutti quegli inviatigli, non vengono consegnati nella posta in arrivo.
Tuttavia, secondo la legge italiana l’incapacità di ricevere e-mail certificati non è una giustificazione valida per non rispondere a comunicazioni ufficiali e il proprietario della casella è tenuto a verificare periodicamente di avere spazio a disposizione.
Come prima cosa, bisogna assicurarsi di presentare correttamente la domanda all’amministrazione. Dopodiché controllare se rispondono entro 30 giorni. Se non rispondono, sarebbe il caso di rivolgersi ad un avvocato amministrativista che ci aiuterà a far rispettare i nostri diritti.
In conclusione
In questo articolo abbiamo cercato di chiarire cosa dice la normativa italiana in merito all’obbligo di risposta alle PEC. Come abbiamo spiegato, i privati sono liberi di dare o meno un riscontro ai messaggi certificati, ma è opportuno tenere sempre a mente le possibili conseguenze in determinate situazioni come quelle che abbiamo indicato a scopo esemplificativo.
Gli unici soggetti obbligati a rispondere alle PEC sono le PA e altri enti pubblici quando interrogati per richiedere particolari informazioni o autorizzazioni come l’accesso agli atti.
