Le teorie dei cospirazionisti cui non basta vedere Francesco tradiscono un modo di essere
In un’epoca in cui le informazioni si diffondono rapidamente e spesso senza filtri, è sempre più difficile distinguere tra verità e menzogna.
Le teorie del complotto sono diventate un problema molto serio, poiché alimentano dubbi e veicolano paura, specialmente quando si tratta di figure pubbliche di grande rilevanza.
Tra queste, Papa Francesco, straordinario nel suo ruolo di storyteller e simbolo di speranza, non è certo immune dalle voci prive di fondamento che circolano incessantemente su di lui.
Queste narrazioni, per quanto incomprensibili, distolgono anche l’attenzione dalle questioni reali
che il Papa continua a sollevare con il suo impegno per la pace e la giustizia nel mondo.
Ciò che mi ha colpito in questi giorni, e che è stato oggetto di numerosi approfondimenti giornalistici, è il susseguirsi di notizie infondate, in particolare legate al complottismo.
Una delle teorie circolate sui social è che il Papa sarebbe morto e che al suo posto girerebbero dei sosia.
Addirittura si è parlato di misurazioni specifiche come la lunghezza del naso, la distanza tra gli occhi e altre caratteristiche fisiche, tutte utilizzate per “dimostrare” che la persona che vediamo oggi non sarebbe realmente Papa Francesco.
Davvero interessante l’articolo scritto dalla giornalista Roberta Marchetti, pubblicato su today.it,
in cui viene sottolineato quanto grave può diventare il fenomeno del complottismo.
Alcuni complottisti hanno anche ipotizzato che l’audio registrato da Papa Francesco durante
il suo ricovero in ospedale, con una voce visibilmente affaticata e sofferente, e divulgato la sera del
6 marzo in piazza San Pietro, sarebbe stato prodotto tramite intelligenza artificiale.
La stessa accusa è stata rivolta alla prima foto pubblicata dopo un mese di degenza, che lo mostrava di spalle, con il viso di profilo visibile mentre pregava nella cappella dell’ospedale.
Non sono mancati i sostenitori della teoria: “È morto ma non ce lo dicono”.
A far sorridere sono anche le motivazioni per cui la morte del Papa sarebbe stata tenuta nascosta
perché “sarebbe troppo complicato un Conclave durante il Giubileo” oppure perché “stanno
prendendo tempo per mettersi d’accordo sul successore”.
Questi racconti, per quanto assurdi, sono solo una parte delle numerose fake news che circolano
su Papa Francesco.
In passato, è stato addirittura scritto un libro che raccoglieva tutte le false notizie su di lui.
Accuse che, incredibilmente, sono state prese sul serio da una parte dell’opinione pubblica.
Il fatto che queste congetture continuino a prosperare, nonostante la presenza di evidenze che
smontano queste falsità, ci fa riflettere sul ruolo che i media e i social giocano nella diffusione di
disinformazione.
È impressionante come, in assenza di dati concreti, si possano costruire storie completamente distorte, capaci di confondere le persone e minare la fiducia in chi ha un ruolo di autorità.
Di fatto, i cospirazionisti sono diventati una vera e propria piaga sociale.
Ciò che merita una seria valutazione è il motivo per cui queste tesi cospirazioniste tornano con
tanta insistenza proprio in questo momento.
Chi ha interesse a sostenere che Papa Francesco sia morto? E, allo stesso modo, perché si continua a trasmettere la notizia che Moana Pozzi sia ancora viva e si nasconda?
La risposta, forse, sta nel fatto che i complottisti non amano la verità, indipendentemente da chi essa riguardi.
È curioso notare che anche quando si parla di figure fondamentali per la società, come Papa Francesco, si scivola facilmente nel terreno delle teorie inesistenti e improbabili.
Penso, infine, che ci stiamo perdendo qualcosa di molto importante.
I messaggi del Papa, il suo impegno per la pace e la sua continua richiesta di fermare le guerre, sono sempre stati un faro in un mondo che ne ha grande necessità.
La sua voce ci manca, eppure nonostante le difficoltà di salute, il suo ruolo rimane fondamentale.
Fermiamo questi rumors di complotto e lasciamo che viva in santa pace, perché abbiamo davvero bisogno di lui.
Queste parole sono di Francesco Pira, professore associato di Sociologia dei processi culturali
e comunicativi Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università degli Studi di Messina
Da La Sicilia
