Nel mirino della Corte dei conti prelievi dagli invasi e costi di vendita L’indagine riguarda l’Amap ma si estenderà ai consorzi di bonifica. E Schifani batte cassa con Roma
di Miriam Di Peri “la Repubblica Palermo” del 01/10/2024
Mentre la guardia di finanza bussava alla porta dell’assessorato regionale all’Energia su mandato della Corte dei Conti, Renato Schifani riuniva a Palazzo d’Orleans, per la prima volta da mesi, tutti gli attori coinvolti nell’emergenza siccità in Sicilia.
Nelle stesse ore nelle case di Nicosia, finivano ancora una volta le scorte d’acqua. È l’ennesimo giorno di ordinaria follia, nella Sicilia in cui le piogge sparute non sopperiscono alla grande sete degli invasi. Sui quali adesso è puntata la lente d’ingrandimento della Corte dei Conti, che vuole sapere quanta acqua venga
prelevata dalle dighe siciliane e a quali tariffe venga venduta. A cominciare dal maggiore degli enti gestori: l’Amap di Palermo. La Regione, si chiedono i magistrati contabili, ha una stima di quanto incasserà dall’acqua emessa dai bacini nell’Isola?
Sulla base di quelle stime, può prevedere quali somme serviranno a coprire i costi e quali invece saranno disponibili per programmare manutenzioni e interventi sulle dighe e sulle reti?
Tutti interrogativi su cui la Corte dei Conti, da quanto filtra, chiede risposte.
A partire da Amap, ma con un’indagine che nessuno in assessorato esclude possa coinvolgere anche gli altri enti gestori, nonché i consorzi di bonifica.
Così mentre l’assessorato iniziava a mettere ordine per rispondere alle richieste della magistratura contabile, Schifani riuniva gli assessori all’Energia e all’Agricoltura, i dirigenti dei rispettivi dipartimenti, il capo della Protezione civile, il segretario generale dell’Autorità di bacino, il capo di gabinetto della Presidenza. Il risultato?
In attesa delle soluzioni definitive, dei dissalatori, della manutenzione delle reti idriche, della pioggia, si torna al piano “A”: via i pesci dagli invasi più in sofferenza, zattere galleggianti che permettano di pescare l’acqua fino all’ultima goccia (i livelli degli invasi sono molto al disotto dei bocchettoni di accesso dei potabilizzatori) perché «visto l’aggravarsi della situazione» bisogna fare il possibile per «consentire un’autonomia idrica fino al prossimo mese di febbraio».
Per la prima volta la Regione mette nero su bianco che con le riserve a disposizione ci sarà acqua per i siciliani fino al prossimo febbraio: 150 giorni.
Ma se non piove a sufficienza, la crisi idrica non potrà che peggiorare.
Il racconto che arriva dall’entroterra, d’altronde, è drammatico: l’acqua viene erogata soltanto una volta a settimana, a partire dalle 23. «Dopo una giornata di lavoro – racconta Cristina Picone, docente di sostegno e mamma di due ragazzi – tocca avviare le lavatrici e stendere i panni per tutta la notte».
Nell’attesa tra un carico della lavatrice e l’altro, si riempie tutto quel che può contenere acqua: bottiglie, bidoni, bacinelle, secchi, pentole. «I recipienti degli appartamento nel nostro condominio sono da 500 litri.
Vivendo in quattro in casa, dal terzo giorno si resta senz’acqua.
Per questo riempiamo tutto quel che possiamo, ma al mattino si arriva al lavoro distrutti».
A scuola va un po’ meglio, le scorte finora sono state sufficienti: «Ma i ragazzi sono sul piede di guerra, abbiamo spiegato che se continua così bisognerà attivare la didattica a distanza.
Non ci stanno: dopo la pandemia non ne vogliono sentire parlare di restare a casa».
In questo quadro, Schifani approfitta del vertice di Palazzo d’Orleans per battere cassa col ministro per la Protezione Civile Nello Musumeci: «Si attende una seconda tranche di venti milioni di euro che Palazzo Chigi aveva garantito ». Intanto la Regione raschia il fondo del barile: nel prossimo assestamento saranno impegnati 50 milioni di euro.
La stagione turistica è stata salvata, i ristori agli agricoltori in parte coperti, adesso occorrerà sostenere le famiglie siciliane che non possono permettersi il lusso di acquistare i carichi dalle autobotti.