Proposta di Webuild per un mega impianto sul modello arabo. Ma negli uffici nessuno sa
nulla
“Noi stiamo preparando per la Sicilia un piano che risolve in due anni il problema dell’acqua per
sempre”.
L’annuncio dell’amministratore delegato di Webuild, Pietro Salini, ai microfoni di Rai3 coglie
di sorpresa gli uffici della Regione.
I burocrati che nell’ultimo anno hanno cercato di centellinare la poca acqua degli invasi con
turni esasperanti per le comunità colpite dai razionamenti, cercando pozzi e presentando progetti
per i dissalatori, sgranano gli occhi.
Nessuno sa a cosa si riferisca l’ad della stessa società che si sta occupando del ponte sullo Stretto.
Ma da quanto filtra dagli uffici del colosso, l’annuncio potrebbe precedere una vera e propria proposta da avanzare a stretto giro di boa alla Regione.
Webuild, tra gli altri, ha già realizzato un mega impianto in Arabia Saudita, non diverso
da quelli evocati dal governatore Renato Schifani quando fa riferimento al modello Israele in
materia di dissalazione.
L’impianto già realizzato in Arabia produrrà 250 mila metri cubi d’acqua potabile al giorno: cifre
ben lontane dai 200 litri d’acqua al secondo prodotti da ciascuno dei tre dissalatori che il governo
sta realizzando dal Fondo di sviluppo e coesione.
D’altro canto, anche il costo potrebbe crescere esponenzialmente, sebbene dalla società non si avventurino ancora in preventivi sulla spesa.
In ogni caso, la proposta finirà sul tavolo del governatore, che nel frattempo fa i conti con l’acqua che non basta.
Non soltanto perché gli invasi contengono la metà delle risorse registrate nello stesso periodo lo scorso anno, ma anche perché i tempi per i tre dissalatori di Gela, Porto Empedocle e Trapani,
si allungano.
“Si farà di tutto — ha promesso Schifani — affinché i tre impianti possano essere in funzione almeno entro la fine di quest’anno solare”.
Insomma, non saranno pronti per l’estate.
E se i pozzi scavati nell’ultimo anno contribuiscono in parte a recuperare risorse, è il sistema
degli invasi ad allarmare la Regione.
Mentre si passano al vaglio tutti i bacini artificiali per conoscere le generali ragioni di sicurezza,
resta aperto il dossier sulla diga Trinità.
Ieri si è tenuta una nuova riunione tecnica al ministero delle Infrastrutture, con lo stesso Schifani, accompagnato dal capo della Protezione civile Salvo Cocina, insieme alla funzionaria del Mit Elisabetta Pellegrini e la direttrice generale per le dighe Angelica Catalano.
Tra i punti stabiliti, c’è anche la nomina di un consulente specializzato (che potrebbe arrivare già oggi) per un approfondimento sulle condizioni strutturali e per una “rivalutazione delle verifiche statiche e sismiche atte a garantire la sicurezza dell’infrastruttura con il minimo quantitativo di acqua senza rischio per la popolazione e, infine, per individuare gli interventi più urgenti da attuare”.
Questa fase dovrebbe essere completata entro un mese.
Un secondo step, con tempi e risorse finanziarie maggiori, riguarderà il progetto complessivo
di messa in sicurezza totale della diga.
Ma per la deputata 5 Stelle Cristina Ciminnisi è troppo tardi: “Sarà crisi per il 2025. Decenni di mancata programmazione, di approssimazione e di manutenzioni mai effettuati, certificano il fallimento della politica regionale siciliana. Una situazione che lo stesso governo regionale ha definito imbarazzante. Ormai è chiaro che il 2025 sarà un altro anno di crisi nera”
Da laRepubblicaPalermo
