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Politica e “mancette”: quando il consenso passa dal portafoglio

Last updated: 27/09/2025 7:16
By Sergio Cirlinci 130 Views 7 Min Read
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Solitamente le “mance” sono una somma di denaro che un cliente, al bar o al ristorante, lascia spontaneamente per ricompensare il servizio ricevuto, specialmente se ne è soddisfatto.

In politica però non funziona così, e come se al bar o al ristorante la mancia la elargisse il proprietario o il cameriere per farsi poi scrivere una bella recenzione per acquisire nuova clientela.

In Italia, molto spesso, sarebbe da ingenui negarlo, i voti si “coltivano”, non soltanto con le buone pratiche ma con “mance” e “mancette”.

Strumenti sicuramente meno nobili di una sana conduzione politica, piccoli contributi, finanziamenti a pioggia, soldi pubblici spesi per iniziative che spesso poco hanno a che vedere con l’interesse generale, ma solamente con il consenso personale, soldi che vengono distribuiti durante il mandato.

Il caso delle mancette alla Regione Siciliana è emblematico, fondi distribuiti con criteri non sempre chiari, spesso indirizzati a micro-progetti, associazioni o iniziative che poco o nulla hanno a che vedere con l’interesse generale.

Ma lo stesso fenomeno si riscontra anche nei comuni, basta sfogliare un albo pretorio qualsiasi per rendersene conto.

Ogni giorno si leggono elargizioni di contributi di vario genere, dai più piccoli a più grandi, ovviamente con la pratica dell’affidamento diretto.

Attenzione, non tutto è da condannare. Ci sono erogazioni giustificate e necessarie, utili a sostenere attività culturali, sportive o sociali di valore per la collettività.

Ma accanto a queste, spuntano, quando spuntano, finanziamenti che fanno storcere il naso.

Sono quei piccoli eventi di nicchia, iniziative di scarso impatto, contributi a cerchie ristrettissime, quando non addirittura a singoli, che poi fa meno di quanto progettato.

Certo, qualcuno dice “ma quanto siete curiosi”o “amanti dell’albo pretorio”, giustificando il tutto dicendo “sono piccole somme”, “servono a dare ossigeno al territorio”, “siete solo invidiosi”, di cosa esattamente non si sa, ma va bene pure…e a pronunciare queste frasi sono stranamente, si fa per dire, proprio i beneficiari, avessero almeno la furbizia di star zitti.

Ed è qui che emerge la logica del “do ut des”, io ti finanzio oggi, tu mi sostieni domani, che pur non essendo classificabile come voto di scambio, quello vero e prorio, ha una sua logica e un suo fine.

È la politica del far parte del cerchio magico, delle pacche sulle spalle e delle strette di mano, che sopravvive a ogni stagione e a ogni colore politico, ovviamente e fortunatamente non sempre.

Così i fondi, che dovrebbero servire al bene comune, diventano strumenti per cementare rapporti di fedeltà e carriere politiche.

I cittadini hanno il diritto di pretendere serietà, non elemosine travestite da contributi.

Una politica che compra consenso a colpi di mancette non è politica, è “mercimonio“.

E finché questa prassi non cesserà, resteremo prigionieri di un sistema dove la fedeltà vale più della competenza, e la convenienza più del bene comune.

Un altro aspetto ricorrente è quello dei contributi indirizzati ai cosiddetti fedelissimi, sostenitori che, pur di difendere la causa, rinunciano a quello spirito critico e obiettività, che li caratterizzava nel passato, accettando di fatto un rapporto di reciproca convenienza.

Si alimenta così un sistema chiuso, dove la priorità non è la collettività ma il mantenimento di equilibri politici e soprattutto personali.

La questione di fondo è che tali risorse non sono soldi “di nessuno”, men ch meno sono dei politici ma dei cittadini, insomma denaro pubblico, proveniente dalle tasse che i cittadini, non ricevendo spesso servizi adeguati, pagano.

Il risultato? Una distribuzione di denaro pubblico che spesso non lascia alcun beneficio reale alla comunità.

Risorse che potrebbero essere investite in infrastrutture, servizi, progetti di maggior respiro e che finiscono invece disperse in mille atti di liquidazione, a volte poco più che elemosine.

Una politica sana dovrebbe spezzare questa catena viziosa. E i cittadini hanno diritto di vedere quei soldi usati con criterio, con visione, con responsabilità, non per comprare consenso, ma per costruire futuro.

E non ultimo la trasparenza dalla pubblicazione nei vari albi pretori di delibere, determine e altro in maniera chiara e semplice, come anche al dare seguito tempestivamente, come previsto da leggi, statuti e regolamenti vari, all’accesso agli atti come fa qualche consigliere, anche se da noi i consiglieri Gambino e Turturici attendono ancora da tempo di ricevere quanto chiesto e chissà per quanto altro tempo ancora dovranno aspettare.

Il primo lo ha fatto per tutte le “feste e i festini” realizzati con finanziamento provenienti dall’assessorato turismo e presidenza della Regione, il secondo sulla Piscina e, come presumiano, per capire anche il “soccorso”economico, di cui poco si sa, finalizzato alla sua riaperura.

Ad Maiora

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